"Il Minotauro vive dentro ognuno di noi"

Il grecista autore di "Labirinto" Giorgio Ieranò spiega l'origine della leggenda sul toro umano

"Il Minotauro vive dentro ognuno di noi"
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Giorgio Ieranò è uno dei più noti grecisti italiani. Il suo saggio più recente Il racconto del labirinto (Einaudi) porta il lettore all'origine di uno degli spazi più misteriosi e simbolici dell'architettura occidentale (e anche della sua letteratura). Ieranò sarà a Torino con Paola Mastrocola - domenica 1 dicembre - al Festival del classico per parlare di «Da Efesto al Minotauro: i miti degli esclusi». Lo abbiamo intervistato sul tema, specularmente a Paola Mastrocola.

Qual è il rapporto tra la mitologia e gli esclusi?

«Noi siamo traviati dalla parola eroe. Noi l'eroe lo immaginiamo, anche nelle sventure, che rifulge. Sempre a rappresentare un modello di virtù, di coraggio, eventualmente di pazienza. Già nell'Atene del V secolo Achille era un modello di eroismo, Ulisse era un modello di pazienza per gli stoici... E anche gli Dei ce li immaginiamo splendidi. Ma nelle pieghe della mitologia emergono degli emarginati. Efesto ad esempio è l'emarginato dell'Olimpo, viene letteralmente scaraventato giù dal monte. E la caduta fracassa le gambe. E a Creta c'è un doppio umano di Efesto che è Dedalo. Un altro grande artefice ma che è dovuto fuggire da Atene perché colpevole di un omicidio ed è inseguito da una condanna e a Creta poi costruisce una prigione per il reietto dei reietti. Il Minotauro, l'infamia di Creta come diceva Dante. E il Minotauro è l'icona dell'emarginazione. Di norma anche i mostri hanno una comunità. I ciclopi sono tanti ad esempio, il Minotauro è solo e può solo uccidere e morire. Di Polifemo abbiamo le parole in Omero e altri poeti. Il Minotauro è senza voce. Ci consente di parlare del mito con meno retorica».

Il mito del Minotauro e del labirinto sono molto antichi, da cosa partono?

«Io resto dell'idea non dimostrabile, che tutte queste storie affondino nel secondo millennio avanti Cristo, nella Creta che esisteva prima ancora che ci arrivassero i greci. Mettiamo assieme indizi diversi. Il primo è la ricorrenza ossessiva di questa immagine taurina che ha a che fare con un'immagine sacrale. I tori sono ovunque nei miti cretesi. Zeus diventa toro per sedurre Europa che è la nonna di Minosse, Minosse per diventare re chiede a Poseidone di far affiorare un toro dal mare. Dioniso, il cui nome già compare nelle tavolette cretesi, entra nel mito del labirinto, perché sposa Arianna, la figlia di Minosse, spesso raffigurato in forma taurina. Poi nelle stesse tavolette in lineare B già troviamo la parola labirinto. Si parla di una Signora del Labirinto. Anche se non è chiaro se per Labirinto si intenda un tempio o un palazzo o una grotta sacra o quello che intendiamo noi ai giorni nostri per labirinto».

Chi è davvero Dedalo, il creatore del labirinto?

«Dedalo è l'intelligenza e il suo mistero. Un grande creatore di rompicapi, l'uomo capace di dare vita alle statue o di creare marchingegni portentosi. Eppure tutto questo assume sempre un lato sinistro e molte delle sue invenzioni finiscono per avere effetti perversi. Bacone ne farà un simbolo dell'intelligenza umana che cerca di superare la natura e va verso l'eccesso».

L'intelligenza che chiude la bestia umana nei meandri dell'inconscio?

«Sì, nel mito c'è anche questo ma il Minotauro diventa nella modernità anche il simbolo

dell'artista incompreso a cui si leva la voce. O il simbolo della nostra inconoscibilità. Basta pensare a quello che scriveva Jorge Luis Borges, dal labirinto non possiamo mai uscire, perché il labirinto è la nostra stessa vita».

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