Parigi - Il comico emerge dal drammatico? Il sorriso affiora nell’angoscia? «Dai diamanti non nasce niente / dal letame nascono i fior», cantava del resto Fabrizio De André. E ancora: decenni di penitenze cinematografiche festivaliere - bell’ossimoro - stanno per finire? Infatti, oltre a liquidare l’illusione della crescita perpetua, il cataclisma finanziario stempera il tono apocalittico dei film impegnati. Perché i film non possono somigliare come gocce d’acqua alla realtà. Ci aiutino a sognare, anche coi diseredati.
Costantin Costa-Gavras, greco di Francia, avrebbe potuto essere bollato come meteco in senso negativo da Maurras e in senso positivo da Moustaki. Invece è diventato un grande regista e dirige la Cineteca di Parigi. Il suo curriculum? Si pensi alla trilogia anti-totalitaria realizzata con Yves Montand: Z - L’orgia del potere, sull'assassinio del deputato comunista greco Lambrakis, avvenuto nel 1963; La confessione, sull’arresto del comunista ebreo Artur London nella Praga del 1951; L’amerikano, sul rapimento e sull’assassinio dell’agente della Cia in Uruguay, Dan Mitrione, avvenuto nel 1970. Nel 1982 seguirà Missing, con Jack Lemmon, sul padre di un giovane statunitense, ucciso nel golpe cileno l’11 settembre 1973, messo in ombra dall’11 settembre 2001.
Missing vale a Costa-Gavras l’Oscar per la sceneggiatura, ma questi titoli, apparsi tra il 1969 e il 1982, oggi sembrano figli di un altro mondo. I trentenni non li hanno visti, sebbene siano tutti film a colori, dunque sfuggano alla «censura» che in tv colpisce i film in bianco e nero. Più l’Unione europea è diventata reale, meno gli europei hanno partecipato alla politica: la mollezza del reality show prevale sulla durezza della realtà. In Mad City, interpretato da John Travolta, Costa-Gavras mostra i nefasti della tv quando il suo occhio cade su una vicenda di disoccupazione. Ancora la disoccupazione ispira Cacciatore di teste, l'ultimo film di Costa-Gavras giunto in Italia prima di Verso l’Eden. Qui Riccardo Scamarcio è un emigrante clandestino senza precisa origine, perché vuol essere simbolo della clandestinità: un personaggio che non parla quasi mai, bonario se non buonista, che trova il riscatto con un abito decente.
Signor Costa-Gavras, dopo tanti film drammatici, “Verso l’Eden” è incline al sorriso.
«La bonarietà dell’emigrante deriva dall’esigenza di farsi accettare e magari amare. S’adegua al paternalismo: agli immigrati si dà del tu».
I poliziotti gli danno del lei...
«... appena lui indossa una giacca».
L’abito fa il monaco?
«Eccome se lo fa, nonostante il proverbio».
Allora la xenofobia si abbatte facilmente!
«Rispetto al razzismo, la xenofobia è spesso questione d'apparenze. Ma oggi l’immigrato non è più una risorsa e nemmeno un problema: è visto come un pericolo».
Non solo.
«Ci sono anche le differenze di lingua e di codici di comportamento».
A proposito di codici: ci sono anche quelli civili e penali. Sui clandestini la sinistra francese si divide...
«La République deve regolare le situazioni, come vuole l’amico Régis Debray, ma - prima delle leggi - vengono gli uomini».
Lei - che in Italia è stato proclamato “inquieto dell'anno” dal Circolo che raccoglie gli inquieti più illustri del mondo - propende per i clandestini?
«Soprattutto ora, quando c’è un fascismo dal volto umano. Sarebbe meglio dire neoliberalismo, ma è un termine privo di vis polemica».
Non si può coniarne un altro?
«Si dovrebbe, ma qualcosa di meglio non s’è ancora trovato».
Gli intellettuali mancano ormai di parole?
«Gli intellettuali sono rimasti sempre gli stessi».
E anche gli idoli pop, salvo qualche recluta.
«Non accadeva così quando ho cominciato a girare film e si affermavano i Beatles e i Rolling Stones».
Mezzo secolo dopo, loro - quasi settantenni - restano icone anche per i ventenni!
«Gli audiovisivi moltiplicano gli spettacoli, qualsiasi spettacolo, e riducono l’informazione».
Dunque?
«I giovani crescono sempre più superficiali».
E giovane è il personaggio di “Verso l’Eden”...
«Giovane e anche bello, come Scamarcio».
Un giovane arabo, magari minorato come Jamel Debbouze, sarebbe stato più credibile nella parte.
«Se avessi scelto un attore piccolo e brutto, si direbbe che il mio film è razzista».
Quarant’anni dopo “Z”: un bilancio.
«In un mondo che pareva andare verso il meglio, andava ricordato il peggio. Oggi, in un mondo che pare andare verso il peggio, va ricordato il meglio».
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