"Dopo il mio Vaticano lavoro a un film sulla mafia a New York"

Il regista ha vinto il premio del Festival italiano della televisione. «La nostra tv piace all'estero»

"Dopo il mio Vaticano lavoro a un film sulla mafia a New York"

Francesca Scorcucchi

da Los Angeles

Paolo Sorrentino, premio Oscar per La grande bellezza, ideatore di una serie amata dal pubblico internazionale come The Young Pope e ora del suo seguito The New Pope, è a Los Angeles e ci resterà un anno. Ieri ha partecipato al lancio di ITTV festival, il primo festival italiano della televisione e dei contenuti audiovisivi, e ha ricevuto il primo ITTV Award, assegnato al regista napoletano «per aver saputo catturare l'importanza del linguaggio televisivo nell'apice della sua carriera cinematografica», dice Valentina Martelli, ideatrice dell'evento.

Sorrentino, lei però ora è qui per fare cinema.

«Stiamo lavorando a The Mob Girl, ma è ancora un titolo provvisorio, con Jennifer Lawrence. Sto scrivendo il copione con una bravissima sceneggiatrice, Angelina Burnett».

Di cosa parla?

«È una storia che racconta della mafia italo-americana a New York nel corso di vari anni. Non posso dire di più perché stiamo ancora scrivendo e la storia potrebbe cambiare».

Quindi lei ha un'idea ma non sa dove la porterà perché può cambiare nel corso della scrittura?

«No, sto mentendo. So sempre dove voglio arrivare, ma è anche vero che alcune cose possono cambiare, perché stiamo scrivendo, stiamo ancora inventando...».

Quanto è libero un regista di arrivare sino in fondo al prodotto che ha in mente?

«Dipende dal produttore che ha alle spalle, occorre avere un produttore intelligente e una certa solidità finanziaria, altrimenti devi adattare le tue idee alle risorse a disposizione».

Succede anche con la tv o ha notato differenze?

«No, io mi sono approcciato al mezzo televisivo allo stesso modo, non ho notato grosse differenze, se non quelle dovute al fatto che i progetti televisivi sono molto più lunghi, durano più tempo e quindi sono più faticosi».

La televisione sta cambiando, i confini fra cinema e tv si sono aperti, questo cambia il linguaggio, la narrazione di chi crea le storie?

«Il fatto che siano stati abbattuti dei confini, il poter fare prodotti italiani che funzionano all'estero è un gran vantaggio, ha consentito una grande libertà e una capacità di allargare gli orizzonti e questo fa bene all'arte. Un festival come questo è ad esempio un'iniziativa necessaria per creare ponti. Oggi fare questo mestiere è diventato più facile, c'è minore controllo da parte degli investitori e questo crea maggiore libertà a noi autori. È un periodo molto felice».

Il suo particolare linguaggio cambia, dal cinema alla tv?

«No, io ho fatto una cosa televisiva che aveva un respiro internazionale perché il Vaticano è conosciuto in tutto il mondo ed è, di per sé, un luogo internazionale dove confluiscono persone di ogni Paese, quindi ho potuto lavorare con attori provenienti da tutto il mondo. Altri oggi fanno storie più locali che però funzionano bene anche all'estero. Io però ho solo un'esperienza che è quella del mio Vaticano e del mio Papa».

Ha dovuto trattenersi in qualche modo, nel suo racconto? Sia prima con The Young Pope che ora con The New Pope? In fondo stiamo parlando della massima potenza religiosa...

«No, mai. Anche perché il mio non è mai stato un lavoro provocatorio o critico nei confronti del Vaticano. Il mio è stato un tentativo da laico, da esterno, di provare a capirlo e immaginarlo quel mondo, anche in maniera scherzosa, ma senza essere irriverente o blasfemo. Non era questo il mio intento. Questa idea del Vaticano come luogo che custodisce solo ed esclusivamente segreti è un'idea leggendaria che non corrisponde al vero, quindi non avevo bisogno di sferrare attacchi».

La sua serie tv preferita?

«Ce ne sono tante, mi è piaciuta molto Fargo, mi piace True Detective».

Fra le italiane?

«Devo dire che non ne ho viste. Non ho visto Gomorra e Suburra. Non ne ho viste altre. Non sono ferrato sull'argomento».

Dove metterà l'ITTV Award a casa sua?

«Vicino all'Oscar, naturalmente».

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