Occhio all"effetto camaleonte" quando guardate il vostro cellulare

Nel cervello umano scatta un meccanismo di emulazione se le persone vicine a noi guardano lo schermo degli smartphone: ecco cosa dice lo studio e cosa è cambiato con la pandemia

Occhio all"effetto camaleonte" quando guardate il vostro cellulare

Che milioni di persone siano sempre più dipendenti dai propri smartphone con i quali possono fare praticamente tutto ormai si sa: dai social alla messaggistica istantanea al collegamento in rete, sono tanti i momenti della giornata in cui posiamo lo sguardo allo schermo del cellulare. Uno studio, però, ci spiega che questo meccanismo spesso e volentieri si innesca quando ci troviamo a contatto con altra gente che fa praticamente la stessa cosa.

Cos'è "l'effetto camaleonte"

A spiegare cosa succede ci ha pensato la dottoressa Veronica Maglieri del Dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa che, assieme alla professoressa Elisabetta Palagi e altri autori, ha effettuato uno studio sull’effetto camaleonte quando si usa un telefonino. Tra gli innumerevoli esempi il racconto della Maglieri che, mentre si trovava in fila al supermercato, ha sentito dire a una signora di aver telefonato a una persona conosciuta senza sapere il reale motivo, "non devo dirti nulla". "Ho iniziato a pensare che dietro all’enorme successo di questi dispositivi ci fosse un meccanismo neuronale inconscio", ha raccontato al Corriere. In pratica, l’effetto camaleonte sarebbe l'imitazione, non volontaria, delle azioni che compiono gli altri un po' come fanno tanti altri mammiferi, dai leoni agli scimpanzé.

"Ci siamo limitati a osservare gli umani così come osserviamo gli altri animali, non è un lavoro di psicologia ma di pura etologia in cui ci siamo limitati a prendere nota del comportamento di persone inconsapevoli di essere osservate". Il risultato è stupefacente perché ha dimostrato come, nei contesti più diversi, le persone imitino insconsciamente il prossimo dopo circa 30 secondi da quando qualcuno posa gli occhi sullo schermo del cellulare. Come esperimento, i ricercatori hanno utilizzato lo smpartphone semplicemente scorrendo le varie app ma senza farne nessun tipo di uso: poco dopo, "nel 90% dei casi, chi ci imitava lo faceva per poi aprire un social media".

Lo studio ha preso in esame 240 persone di entrambi i sessi e con un'età compresa tra 18 e 60 anni con un'altra scoperta che ha lasciato sorpresi. "Nonostante diverse ricerche dimostrino che la dipendenza dagli smartphone affligga soprattutto i più giovani, non abbiamo notato differenze di genere o età questo aspetto ci ha meravigliato", ha sottolineato la Maglieri.

Cosa è cambiato con la pandemia

Qualcosa, poi, si è modificato nel corso della pandemia da Covid-19 alla fine del primo lockdown quando è stato visto che "l'effetto camaleonte era più forte rispetto a dopo un anno dalla fine dell'isolamento". La reclusione forzata ha acuito un fenomeno già esistente dal momento che, milioni di persone, per rimanere connesse con amici e parenti, hanno dovuto necessariamente utilizzare la tecnologia a disposizione con pc e cellulari per videochiamate, sms, WhatsApp e quant'altro: ecco che il tempo trascorso è aumentato enormemente. "Possiamo ipotizzare che la pandemia abbia acuito la nostra dipendenza da smartphone avevamo voglia di uscire, però quando abbiamo avuto l'occasione di stare tutti a cena dal vivo insieme appena il primo guardava il cellulare tutti lo imitavano", sottolinea la ricercatrice.

Solitamente, prendiamo esempio dalle persone a noi più familiari e con le quali condividiamo gran parte della quotidianità: sono loro a "contagiarci", per così dire, di più.

La buona notizia è che dopo un anno dal ritorno alla vita di prima ci si sta avviando lentamente verso una nuova normalità anche se "non sapremo mai qual è la normalità perché non abbiamo a disposizione i dati prima del lockdown. Magari facendo l’esperimento tra 5 anni potremo verificare".

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