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La trappola di Tik Tok: così tiene in ostaggio i nostri figli

L'Albania blocca per un anno il social cinese: "È come il delinquente del quartiere"

La trappola di Tik Tok: così tiene in ostaggio i nostri figli
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Tik Tok sta prendendo in ostaggio i nostri figli”. Con queste parole, il premier albanese Edi Rama ha deciso di bloccare l’applicazione cinese per un anno, anticipando così gli Stati Uniti. “È il delinquente del quartiere - ha proseguito - di cui i genitori temono la compagnia per i propri bambini ma che riesce sempre ad essere il personaggio più attraente dell'infanzia”. E non solo. Perché sono sempre di più gli adulti che bazzicano su Tik Tok, tra balletti e challenge demenziali. E così perdono tempo. Non si rendono conto che attorno a loro il tempo scorre e non tornerà più. Che quei minuti - ancora cinque, poi basta - sono spariti per sempre. Tik Tok, quindi. Come le lancette dell’orologio. Tik Tok, come il tarlo della curiosità che ci tiene incollati allo smartphone. Perché, alla fine, siamo noi a sceglierlo. O forse no. Secondo quanto raccolto dal procuratore generale repubblicano Russel Coleman, “Tik Tok è stato progettato specificamente per essere una macchina della dipendenza, mirata ai bambini che sono ancora nel processo di sviluppo di un autocontrollo appropriato. Non ci vuole molto perché i nostri bambini cadano a capofitto in un mondo digitale di standard di bellezza irrealistici, bullismo e bassa autostima”. Anche perché la versione di Tik Tok che si usa in Occidente è radicalmente diversa da quella che viene utilizzata in Cina (e forse è arrivato il momento di chiedersi perché).

Nella causa portata avanti da Coleman si legge inoltre che questo social “manipola intenzionalmente il rilascio di dopamina nel cervello in via di sviluppo dei giovani utenti e li induce a usare Tik Tok in modo eccessivo, compulsivo e avvincente, danneggiandoli sia mentalmente sia fisicamente”. Impoverendo la loro capacità di concentrarsi sul mondo reale e intaccando anche la loro abilità di leggere e di scrivere.

Basta guardarsi attorno per vedere sempre più smombies, gli zombie da smartphone, che non riescono a staccare gli occhi dagli schermi.

Che passano da Instagram a Tik Tok. In attesa di un like che non ricevono. E che fa male. O di un messaggio che tarda ad arrivare e che crea ansia, la grande malattia di questo secolo. Tik Tok, dunque. E il tempo passa. Tik Tok. E non torna più.

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