Le spesse mura del palazzo cinquecentesco nel cuore di Milano rappresentano il confine. La barriera. Fuori c’è il mondo, con la sua frenesia, i social e le brutture che questi si portano appresso. Dentro, all’inizio del cortile, sulla destra, un angolo di mondo - fatto di profumi antichi, pelli, tabacco, liquori e tessuti - che sembra perso nel tempo. Fermo. È qui che ci accoglie il Maestro Antonio Pio Mele. “Non ho in mente il momento esatto in cui è nato il nostro marchio perché si è trattato di un’evoluzione continua”, ci racconta. “Mio padre aveva una fabbrica di scarpe, ma il modo in cui lavorava non era adatto a me: c’era troppa poca anima nelle cose. Preso il diploma, ho chiesto a mio padre di poter viaggiare ovunque ritenessi opportuno per imparare a fare le scarpe, a conoscere le pelli, i processi lavorativi e tutto ciò che fosse legato al mondo delle scarpe su misura. Dopo aver appreso il più possibile, mi sono trasferito a Milano, dove la mia famiglia aveva una casa”.
È nel capoluogo lombardo che tutto ha materialmente inizio: “Conosco i miei primi clienti, che avevano scarpe acquistate da calzolai internazionali molto noti. Le loro calzature erano esagerate sia nella comodità sia nell'estetica. In poche parole: erano superiori”. Prendendo spunto da questi modelli, e grazie al bagaglio di conoscenze fatte nel mondo, Antonio Pio Mele inizia a proporre le sue scarpe: “In poco tempo, però, i miei clienti, vedendo le conoscenze che avevo in merito ai pellami esotici, hanno iniziato a chiedermi cinture, portafogli e altri accessori. Ho dovuto quindi allargare la squadra di artigiani su tutti i fronti e oggi riusciamo a realizzare un guardaroba completo nel vero senso della parola. Non solo abiti e scarpe, ma anche accessori per la barba, per fumatori, calzanti. Tutto ciò di cui un uomo ha bisogno”.
Antonio Pio Mele smette di parlare. Fa una pausa. Si alza e prende un liquore dorato. Lo versa in un bicchiere di cristallo e poi, con una calma che non è affettazione, si accende un sigaro arrivato da chissà quale angolo del mondo. La prima boccata scatena un’intensa nuvola di fumo. “Vede, gli stilisti propongono capi belli o brutti in base all’estro del momento. Noi, invece, seguiamo al 99% il cliente, fornendogli piccoli consigli per renderlo felice. Il nostro obiettivo è far sì che ciò che aveva in mente si concretizzi, diventi realtà. Lo stilista, invece, tante volte fa comprare ai clienti anche capi ‘controvoglia’”. Tutto questo, obiettiamo, ha però un costo: “Sì, ma relativo”, ci risponde Antonio Pio Mele. “Un oggetto, da noi, lo paghi di più perché è intriso di tempo e qualità. L'artigiano vive per lo stato d'animo a livello lavorativo. Se ha dei pensieri, le scarpe e gli abiti gli escono male. In altre parole, deve avere la mente libera, e a quel punto le mani ‘vanno da sole’. Quando un tessuto viene cucito con le macchine, le proporzioni e i modelli sono sempre quelli. Così però stai realizzando un prodotto su modelli standardizzati che non incontra la necessità delle persone. Le persone comprano quel prodotto per l'etichetta e basta, noi non vogliamo omologarli e pertanto preferiamo non metterle. I miei clienti cercano ciò che non trovano dalle altre parti. Chi viene qui è stanco ed è stato ‘maltrattato’ dalle grandi case di moda, che non hanno saputo (o voluto) dare loro la possibilità di esprimersi. Da noi il cliente può farlo. Anche perché questo è una sorta di confessionale. Certo, i clienti vengono qui per effettuare l'ordine di scarpe o qualunque cosa. Ma il nostro compito consiste anche nel coccolarli e nell’assecondarli”. Un compito per nulla facile, se si pensa che tra i clienti del maestro Mele si annoverano il re saudita Abdul Aziz al Saud, Juan Carlos di Spagna, molti nobili europei e imprenditori da tutto il mondo, che spesso gli chiedono anche consulenze di stile.
Il rituale con cui vengono accolti i clienti non è mai uguale. Anche questo è su misura, pensato tenendo conto delle sensibilità e delle esigenze di chi arriva qui: “A volte dedico anche quattro o cinque ore al cliente anche solo per un cinturino d’orologio, perché tra una cosa e l'altra abbiamo bisogno di parlare tanto”, racconta Mele. “E non solo di moda o tessuti, tra i quali abbiamo scelto la storica Vitale Barberis Canonico per l’Italia e la francese Dormeuil, ovvero il meglio che si possa avere. Discutiamo di politica internazionale, di sport, di filosofia e di tutto ciò che rientra nell'immaginario maschile. Il cliente viene qui e si rilassa. Se durante la giornata non può fumarsi un sigaro o leggere i versi di un libro, da noi può farlo senza problemi. Noi non abbiamo niente a che vedere con i negozi normali. Non puoi venire qui, acquistare e andare via. È un luogo in cui una persona - al di là di come e quanto spenda - può rilassarsi; è l'ultimo baluardo del lusso vero: dedicare il tempo a se stessi”.
Tutto viene fatto come una volta e rigorosamente a mano. Il che rende l’attività del maestro Mele estremamente sostenibile: “Non usiamo alcun tipo di gomma derivante da raffinazioni. Le suole di gomma che usiamo sono fatte in lattice naturale al 100%. Quando la scarpa è consumata, la suola ‘torna alla natura’. I coccodrilli vengono allevati con cura in vasche di porcellana per non rovinare la pancia, che è la parte più pregiata. I vitelli, dei quali prendiamo le corna e le pelli, sono già stati macellati per produrre cibo. Noi, quindi, non li facciamo macellare. L'uomo usa il vitello per cibarsi e noi usiamo le pelli di quegli animali per il nostro fabbisogno. Più sostenibile di così non c’è nulla. La fibra naturale degli animali non ha eguali in ciò che l'uomo riesce a produrre. Da noi si comprano cose che resistono al tempo e nel tempo. Comprare per buttare e consumare lo sconsiglio: intanto perché così facendo le persone non possono trovare la loro dimensione e poi perché contribuiamo a sporcare il mondo”.
Chi riesce ad arrivare qui - “all’inizio accettavo le richieste di tutti, oggi posso scegliere con chi lavorare”, ci confessa Antonio Pio Mele - non cerca la moda, ma la classe. “Lo stile classico maschile è un’altra cosa e sta vivendo un periodo molto grigio. Le persone non vogliono più indossare né la cravatta né l'abito. Le caviglie, come il collo, non dovrebbero mai essere mostrate, nemmeno ad agosto. Negli ultimi decenni, però, è cambiato tutto, ma il ‘classico’ lo fai con i colori e con gli abbinamenti, non con innovazioni particolari. Non ci si può e non ci si deve sposare con lo smoking, ad esempio”. Una questione solo di eleganza? “Non la metterei in questi termini. Parlerei piuttosto di decenza. Una cravatta ben annodata, una manica di giacca che gira bene e delle proporzioni giuste ti rende decente alla vista degli altri. Sei bello, compatto ed equilibrato. Predisponi bene le persone che stanno vicino a te. Sembri una persona che ha, non dico stile, ma classe. Dobbiamo quindi parlare di classe, che è una questione che prende l'anima, il modo di mangiare, l'abbigliamento di un uomo. Tutto. Anche il modo di accendere una sigaretta denota classe”.
Discorsi che . si fanno tra quelle mura antiche. Ma non chiedeteci l’indirizzo esatto, però. Abbiamo già detto troppo. Qui si può entrare solo previo appuntamento (info@antoniopiomele.com) e, soprattutto, con le idee ben chiare
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