Ha visto passare 14 primi ministri, da Winston Churchill a Boris Johnson, da Margaret Thatcher a Tony Blair. Ha incontrato 13 degli ultimi 14 presidenti americani, da Harry Truman a Joe Biden, unica eccezione Lyndon Johnson. Ha attraversato sette decenni che valgono quanto settecento anni, regnando su Londra durante il tramonto dell'epoca industriale, gli anni Settanta e gli scioperi, l'ascesa della middle class e il liberismo sfrenato, bussola imperturbabile mentre fioccavano le bombe dell'Ira e si combatteva la guerra delle Falkland, testimone e protagonista degli anni bui e degli anni d'oro, dall'esplosione della Cool Britannia al terrorismo islamico, dalla crisi economica alla Brexit, fino alla pandemia dei nostri giorni. Sono passati 70 anni da quando Lilibet - così la chiamavano in famiglia - scopre quel 6 febbraio del 1952, durante una visita ufficiale in Kenya che Re Giorgio VI, suo padre, è morto a 56 anni e lei diventerà Regina del Regno Unito e dei Paese del Commonwealth, in una parola Elisabetta II, ad appena 26 anni. Da allora Sua Maestà ha battuto ogni record: è il monarca più longevo della storia britannica e la donna-capo di stato che ha regnato più a lungo nella storia, oltre che il sovrano vivente più anziano, dall'alto dei suoi 96 anni in arrivo ad aprile. L'esperienza l'ha accumulata in 70 anni di cambiamenti col turbo, di guerra fredda e guerre all'Isis, di divorzi in famiglia e di principesse ingombranti, di Olimpiadi memorabili, di spie avvelenate, di cyber-attacchi e di nuovi venti di guerra sull'Est Europa. Anni che si incrociano con l'evoluzione di una giovane donna, madre e poi nonna in famiglia, oltre che della nazione, istituzione granitica che ha seguito alla lettera il consiglio della Regina madre prima di salire sul trono, un avvertimento dentro al quale si condensa il principio costituzionale che è l'essenza del ruolo del monarca nel Regno Unito: «Non fare niente è il lavoro più difficile di tutti e richiederà tutta la tua energia. Essere imparziali non è naturale, non è umano». Elisabetta II ci è riuscita. Imparziale e apparentemente distaccata. Winston Churchill pare dicesse di lei: «La sua mancanza di emozioni è una benedizione. Nessuno ha bisogno di un capo di stato isterico, la verità è che l'umanità non è richiesta». Eppure Sua Maestà, nonostante le apparenze, umana lo è eccome. Anche se ha mostrato spalle larghe per reggere le tribolazioni di una nazione mai rassegnata del tutto alla fine dell'Impero, eppure sempre un passo nel futuro. Le prove spesso più dure per Elisabetta sono arrivate dalla famiglia, dalla quale ha dovuto sopportare miserie, intemperanze, capricci e accuse, mentre lei si imponeva di tenere dritta la barra della nazione. Domani, per il Giubileo di Platino, come da tradizione Sua Maestà sarà nella tenuta di Sandringham, Inghilterra orientale, per la prima volta senza il marito Filippo, l'assenza più dolorosa di questi 70 anni. Quello che le si prospetta, nonostante i festeggiamenti previsti per giugno, è un anno gramo, più solitario del solito dopo il lutto, e parecchio in salita. Il terzogenito della Regina, il principe Andrea, andrà a processo per abusi sessuali legati al caso Epstein negli Stati Uniti, e Harry a fine anno sfornerà l'autobiografia ufficiale che si preannuncia dirompente dopo le accuse di razzismo alla monarchia e dopo aver definito la vita da reale «a metà fra lo zoo e il Truman Show». Il nipote promette di raccontarsi «non come il principe che sono nato, ma come l'uomo che sono diventato». E finora il nuovo uomo Harry, complice la moglie Meghan, ha portato a nonna Elisabetta parecchi guai e gravi preoccupazioni per il futuro.
D'altra parte la sorella, la principessa Margaret, la metteva giù così: «Questa è la forza della monarchia, nascondiamo le crepe». Questa è la forza di Elisabetta II, che nonostante tutto resta la stella polare dei Windsor e di un'intera nazione.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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