Erano morte tutte quante al grido di “Viva Cristo Re! Viva l’Albania” e, a distanza di oltre mezzo secolo, sono state beatificate – lo scorso 5 novembre – nella Cattedrale di Scutari (Shkodër), nell’Albania nord-occidentale.
Le 38 vittime, tra cui c’è anche mons. Vinçenc Prendushi, l’ultimo arcivescovo di Durazzo, sono state torturate fino alla morte, a causa della loro fede, dal regime comunista albanese di Enver Hoxha. Il cardinal Angelo Amato, nell’omelia di beatificazione, ha ricordato a tutti i presenti che “sulla terra il bene è continuamente osteggiato dal male” e che i martiri sono “gli autentici protagonisti della storia dell’umanità”.
L’Albania è stato il primo paese ateo del mondo
Nel comunicato dei vescovi albanesi si legge che Enver Hoxha, “per quasi mezzo, secolo ha oppresso l’Albania”, proclamando per primo l’ateismo di Stato e perseguitando la Chiesa cattolica accusata, come sostenne lo stesso dittatore nel 1984, di “opprimere la volontà degli uomini attraverso la paura del Signore”. L’articolo 37 della nuova Costituzione del Paese, approvata nel 1967, sanciva che “lo Stato non riconosce alcuna religione e sostiene la propaganda atea per infondere alle persone la visione scientifico-materialista del mondo”. La proibizione di ogni forma di culto religioso diede impulso ad una nuova ondata di persecuzioni che misero nel mirino non solo la comunità cattolica ma anche quella musulmana. Ed infatti, ancora oggi, le pareti dell’ex lager di Scutari, dove venivano internati “reazionari” e “nemici del popolo”, portano incisi i segni delle differenti fedi di quelli che sono passati di lì e, alle croci, si alternano le sure del Corano. Con la morte di Hoxha, avvenuta nel 1985, è iniziato un lento percorso di riorganizzazione e riscatto che, il 10 novembre del 2002, culmina con l’inizio del processo diocesano di beatificazione dei 38 martiri cristiani.
I martiri di Scutari
Tra le vittime iscritte nell’albo dei beati non ci sono solo sacerdoti o chierici ma anche quattro laici: Qerim Sadiku, Gjelosh Lulash, Fran Mirakaj e Maria Tuci. Quest’ultima, come si legge su Avvenire, “resistette con forza alla violenza carnale dei suoi persecutori, ma fu letteralmente sfigurata in volto (lei che viene descritta come molto bella), al punto che i parenti ebbero difficoltà a riconoscerla”. La storia di Maria viene raccontata a Famiglia Cristiana anche da Suor Paola, una delle Sorelle Povere di Santa Chiara custodi della memoria delle feroci persecuzioni del regime comunista albanese.
La suora ricorda che “un uomo, che conosceva la ragazza e fu incarcerato nello stesso periodo, ci ha raccontato di averla incrociata senza riconoscerla. Nel vedere questa diciottenne – talmente era sfigurata dalle torture – pensò: ‘Si accaniscono anche contro le vecchie’”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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