Minaccia di usare l’atomica ma per combattere ruba i chip dai frogoriferi. Anche l’ultima escalation impressa da Vladimir Putin si ridimensiona parecchio davanti ai dati (secretati) sugli effetti disastrosi delle sanzioni sull’economia russa. “Se a lungo termine Pil, export e salari in picchiata trascineranno la Russia verso la catastrofe economica, - ci spiega Jeffrey Sonnenfeld, il professore della Yale School of Management autore del report sull’impatto choc delle sanzioni sull’economia russa - la difficoltà a reperire componenti militari ne sta già minando la tenuta di fronte alla riscossa ucraina. E la mobilitazione militare parziale annunciata dallo zar è solo la conferma di quanto sia disperato”.
Putin ha detto: “Non abbiamo perso e non perderemo a causa delle sanzioni”. Sta bluffando?
“Se c'è qualcosa che dovremmo aver imparato, è non prendere mai per oro colato ciò che Putin dice. Dire che l'economia russa non ha perso nulla è una bluff tale che non ci crederebbero nemmeno i suoi più accaniti sostenitori in Russia. Gli effetti delle sanzioni sono chiari e visibili: l'inflazione è alle stelle, la disoccupazione è in aumento, la produzione industriale va a rilento, i centri commerciali sono pieni di negozi chiusi e Putin è stato costretto a secretare i dati economici e le statistiche sull’andamento del reddito. In più anche le esportazioni di greggio via mare di settembre sono precipitate e le stime per ottobre fanno presagire un ulteriore colpo alle entrate di Mosca”.
Secondo un documento segreto del governo russo, reso noto da Bloomberg, la decrescita del Pil sarebbe “grave”.
“Era ora che anche in Russia si rendessero conto della situazione disastrosa invece di vomitare la solita propaganda. Dal Fondo monetario internazionale ci hanno riferito che a breve ridurranno drasticamente le previsioni del Pil russo per i prossimi trimestri. Gli effetti della ritirata in massa delle imprese straniere e delle sanzioni hanno impattato su ogni leva produttiva. E la mobilitazione militare parziale, con cui Putin ha ufficialmente cominciato a preparare il suo paese alla guerra, è la conferma e il segno tangibile di quanto sia disperato”.
Però con il ricatto del gas Putin sta stritolando l’Europa.
“La guerra del gas voluta da Putin si sta rivelando un disastroso e autodistruttivo errore di calcolo. L’unico obiettivo era distruggere l'unità europea, che invece ha retto alle minacce e la Russia ha perso il suo più importante acquirente. Il mercato europeo costituiva l'89% delle esportazioni totali di gas, mentre l'Europa è arrivata a un massimo di dipendenza del 43%. Nonostante la fiducia di Putin nel "pivot verso est", è impossibile reindirizzare le esportazioni di gas verso l'Asia, dal momento che il gas russo è per il 90% condutturato, non liquefatto. Con un solo gasdotto che collega la Russia alla Cina - che ha 1/10 della capacità del sistema europeo di gasdotti - Mosca vedrà i suoi profitti ridursi drasticamente. In più Putin sta scoprendo che l’amicizia "senza limiti" con Xi Jinping ha parecchi limiti. Non solo Pechino è riluttante a finanziare nuovi gasdotti, ma inviando il proprio Gnl in eccedenza in Europa depotenzia in parte il ricatto dello zar”.
Cosa servirebbe per sgonfiare definitivamente il ricatto del Cremlino?
“Il tetto al prezzo del petrolio è già un duro colpo. La Russia è il produttore di petrolio più inefficiente del mondo, tanto che, vendendolo a prezzi ultrascontati a India, Cina e Indonesia, riesce a malapena a pareggiare i costi. Le stime del Dipartimento del Tesoro e del Dipartimento di Stato usa, in merito alla proposta del G7 sul tetto al prezzo del petrolio, prevedono una contrazione ulteriore delle entrate russe non in grado di intaccare la stabilità del mercato globale”.
Molti critici delle sanzioni sostengono che Mosca sarà in grado di fare a meno del mercato europeo.
“È ridicolo. Oltre al gas, la Cina e l'India stanno già acquistando maggiori volumi di petrolio dalla Russia, ma più di tanto non possono comprare. Entrambi hanno gli stoccaggi pieni e devono ritirare gli acquisti. L'unica speranza per Putin è trovare un modo per far bere olio al suo popolo. Può continuare a vendere fiumi di petrolio a Cina e India, ma con il price cap ricaverà pochi centesimi per barile, mentre le spese per la guerra e per tamponare il collasso economico continueranno a crescere”.
Allora si può dire che è la Russia a dipendere dall'Europa e non viceversa?
“La Russia ha bisogno di vendere le sue materie prime - carburante e cibo - al mercato globale, ma nessuno ha bisogno di ciò che la Russia vende. È una sorta di stato vassallo con solo materia prima senza valore aggiunto. Rappresenta meno del 7% del mercato energetico mondiale, ma per Mosca l’export di energia rappresenta il 65%. Prima della guerra vendeva l'89% del gas all'Ue, che ora compra soprattutto dagli Stati Uniti e dalla Norvegia con il gas russo ormai ridotto a meno del 10% del totale. Tra sei settimane in Europa scatterà l’embargo del petrolio grezzo e dopo altre sei dei prodotti petroliferi raffinati provenienti via nave dalla Russia. Ma l’India nonostante i prezzi stracciati non potrà più acquistare il petrolio russo, perché avrà gli stoccaggi pieni”.
Le sanzioni pesano anche sulle difficoltà militari della Russia in Ucraina?
“Certo.
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