Il presidente brasiliano Jair Bolsonaro ha recentemente inaugurato una campagna diretta a “liberare il Paese dal marxismo”. Primo bersaglio della svolta conservatrice propugnata dall’ex ufficiale dell’esercito sono i “dipendenti pubblici di sinistra”.
Il capo dello Stato verde-oro ha infatti in questi giorni disposto il licenziamento di “300” funzionari federali responsabili di avere “sostenuto le precedenti amministrazioni socialiste”. I destinatari dell’ordine esecutivo firmato del leader nazionalista sono prevalentemente “impiegati a tempo determinato”.
Onyx Lorenzoni, capo di gabinetto di Bolsonaro, ha subito presentato tale misura come uno strumento mirante a “fare pulizia nella nostra patria”. Egli ha infatti dichiarato: “Questo provvedimento è fondamentale per realizzare pienamente il nostro programma elettorale. I Brasiliani hanno dato al presidente Bolsonaro il compito di riportare ordine e sicurezza nel Paese e di ridare forza ai valori cristiani. L’azione di governo del capo dello Stato non può quindi essere ostacolata da funzionari legati ai vecchi esecutivi e a ideologie ormai completamente rigettate dal popolo.” Lorenzoni ha quindi precisato che l’estromissione dei 300 impiegati federali sarebbe soltanto il “primo passo di una lunga battaglia” mirante a “guarire le istituzioni nazionali dai virus del socialismo e del comunismo, teorie che hanno dominato il Brasile per oltre trent’anni e che hanno provocato il caos in cui versa oggi il nostro Paese.”
Altri provvedimenti rappresentativi del nuovo corso impresso da Bolsonaro alla nazione sudamericana sono quelli intesi a “revocare i privilegi” concessi in passato ad alcune minoranze etniche.
Contestualmente al licenziamento dei dipendenti pubblici “di sinistra”, il leader verde-oro ha infatti disposto anche la sospensione di ogni nuova concessione di terreni da parte del governo a vantaggio degli indios e dei “Quilombolas”, ossia i discendenti degli schiavi africani.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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