La Cina uccide per legge più di tutti gli altri paesi messi insieme. Lo confermano i dati di Amnesty International sulla pena di morte che quasi non fa più notizia. Nel 2014 sono state uccise 2400 persone ma il caso più eclatante che ha sollevato molte proteste, anche da parte dei giornali di partito, è stato quello di Jia Jinglong, un ragazzo di provincia colpevole dell’assassinio del capo del suo villaggio nella provincia dell’Hebei.
Quest’ultimo aveva bisogno del pezzetto di terra dove viveva Jia per costruirci su un appartamento e, perciò, lo aveva costretto a buttare giù la casa dove doveva sposarsi. Il ragazzo perde il lavoro, la fidanzata e va fuori di testa al punto da ammazzare l’uomo che gli aveva distrutto la vita con una sparachiodi. Un gruppo di giuristi si era appellato alla Corte suprema per chiedere di rivedere il suo verdetto in quanto “viola gli standard del paese sulla pena di morte ed è contro la politica di usarla con cautela”.
Anche il regime di Pechino, negli ultimi anni, aveva spinto per porre un freno alla pena di morte ‘facile’ e questo caso, come scrive Repubblica, ha infiammato anche i social media dato che il ragazzo ha agito dopo esser stato vittima della corruzione degli apparati denunciata anche dal presidente Xi Jinping. Tutto questo non è bastato a facilitare un ripensamento della corte d’Appello di Shijazhuang che ha fatto eseguire la condanna.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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