Invitava il fratello a non fare come lui, a non intraprendere la sua stessa strada. C'è questo in un'intervista che Omar Emwazi, fratello di Mohamed, meglio conosciuto come Jihadi John, il "boia" dell'Isis ucciso in un attacco aereo in Siria, concesse lo scorso anno.
A raccontarlo è l'Independent, secondo cui il jihadista responsabile per la decapitazione di molti degli ostaggi occidentali finiti nelle mani dell'Isis al fratello 22enne, più giovane di lui, consigliava di non seguire i suoi passi e ricordava come il periodo dal 2009 al 2012, quando era stato tenuto sotto sorveglianza da MI5 e Scotland Yard, gli avesse rovinato la vita.
"Non era il tipo che si lamentava, ma diceva sempre 'Non essere come me' e 'Impara dagli errori degli altri'", raccontava Omar, secondo cui il fratello aveva cercato più volte di tornare in Kuwait, Paese del Golfo di cui la sua famiglia era originaria, ma che ogni volta era stato fermato dalle autorità britanniche. Era riuscito a fuggire nel 2012, imbarcandosi al porto di Dover.
Dalla Turchia era finito in Siria e si era poi unito al sedicente Stato islamico, che gli procurò la sua macabra fama.Nell'intervista Omar non giustifica le scelte del fratello, ma condanna i servizi. "Non lasciavano mai solo", racconta. E ne è convinto; la radicalizzazione è passata anche da questa sorveglianza continua.
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