"Corridoi umanitari per la Libia. L'Isis avanza e noi siamo divisi"

L'inviato Onu Koebler punta a colmare il divario tra le parti. Un governo c'è, ma manca un riconoscimento univoco. "E le milizie devono lasciare le armi"

"Corridoi umanitari per la Libia. L'Isis avanza e noi siamo divisi"

Se un passo in avanti c'è stato, con la nomina dei 32 che faranno parte del nuovo governo di unità nazionale libico, quello che è chiaro è che senza la volontà di renderlo più di un guscio vuoto non si va da nessuna parte. Per questo l'annuncio di ieri dovrà essere seguito da azioni concrete, di cui l'inviato delle Nazioni Unite, Martin Kobler, ha parlato quest'oggi con il Corriere della Sera.

Sono ancora molti i problemi da risolvere, a partire da quello del parlamento islamista di Tripoli, perché "i gruppi che si riconoscono in lui (in Nuri Abusahmain, ndr) respingono l'accordo". Ma c'è una discussione "franca e a tratti anche dura" aperta, perché - dice Koebler - "se non c'è volontà politica non si va da nessuna parte".

I prossimi passi da compiere non possono non tenere conto delle decine di milizie armate libiche. "C'è chi appoggia e chi no. Ma un governo non può essere protetto dalle milizie" e dunque volenti o nolenti dovranno prima o poi posare le armi o accettare o accettare di essere integrate nelle forze regolari.

Il divario va colmato, e in fretta, perché "le forze libiche sono divise, Isis no. E guadagna terreno ogni giorno".

C'è poi la situazione umanitaria che deve essere tenuta in considerazione. La proposta di Koebler è chiara: "Concordare dei cessate il fuoco umanitari a intervalli regolari per consentire l'ingresso degli aiuti". 1.4 milioni di persone rischiano la fame.

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