Dai voli all'Expo, se il virus paralizza il mondo

Summit con gli africani? No, grazie. La fobia del contagio di Ebola è arrivata fino in India: New Delhi ha cancellato il meeting con 54 nazioni africane previsto per dicembre. «La decisione - ha detto un portavoce - è stata presa dopo un'attenta valutazione e dopo aver preso atto delle possibili difficoltà logistiche da affrontare». Il rapido dietrofront del governo indiano ha destato qualche malumore tra gli invitati non più desiderati. Che, però, adesso dovranno farci l'abitudine, perché l'Africa rischia di vedere molte porte chiuse in faccia da qui ai prossimi mesi.

In Italia è già successo con il Salone del gusto e Terra Madre, in programma a Torino dal 23 al 27 ottobre. Ai delegati di Guinea, Sierra Leone e Liberia, i Paesi più colpiti dal virus, è stato chiesto espressamente di non farsi vedere dalle parti del Lingotto. «Una scelta difficile - spiega il segretario generale Davide Buttignol -, ma alla fine abbiamo deciso che, per evitare pericoli, era meglio invitarli a restare a casa. Ma non li lasceremo soli: aiuteremo le comunità dei Paesi colpiti con contributi per l'acquisto di cibi e medicinali».

Dalla Mole al Colosseo: a Roma, tra il 19 e il 21 novembre prossimi, si terrà la Conferenza Fao. Un appuntamento che rischia seriamente di restare «monco»: fonti interne all'organizzazione hanno affermato che verranno prese in considerazione alcune misure per ridurre al minimo il rischio contagio. Tra queste, alcuni delegati africani potrebbero essere posti in isolamento al loro arrivo, per poter poi effettuare le dovute verifiche. E già si guarda ad Expo, che aprirà i battenti a Milano nel prossimo maggio: dei circa 20 milioni di visitatori attesi, una fetta consistente arriverà dall'Africa. Un pericolo che il presidente della Regione Lombardia Maroni ha già paventato.

Anche il calcio rischia di fermarsi per la paura del virus. La Coppa d'Africa, in programma dal 17 gennaio all'8 febbraio 2015, potrebbe non disputarsi: il Marocco, nazione ospitante, ha chiesto di rinviare la manifestazione al fine di «evitare assembramenti cui partecipino Paesi colpiti dal virus». Una competizione cui sono attesi diversi giocatori della nostra Serie A, come Gervinho della Roma o Muntari del Milan. Sarà la confederazione africana di calcio, il prossimo 2 novembre, a decidere se accogliere o meno la richiesta del Marocco.

Ma se l'allarmismo cresce di ora in ora, non sarebbe il caso di chiudere le frontiere con i Paesi sotto tiro? È quanto sostiene Marine Le Pen: «In Francia, dai tre Paesi più colpiti dal virus, arrivano 300 persone al giorno. Corriamo grossi rischi se non sospendiamo i voli». Una posizione che trova d'accordo anche i cittadini statunitensi: secondo un sondaggio pubblicato da Nbc, il 58% degli americani si dice favorevole a interrompere il flusso dei viaggi dalle zone più infettate. Ma l'Organizzazione mondiale della sanità frena: chiudere le frontiere non è la soluzione più vantaggiosa.

Isolare interi Paesi e mettere in quarantena i malati, evitando di fornire loro un'adeguata assistenza medica, equivarrebbe, sostiene l'Oms, a rinunciare a una lotta determinata contro il virus. L'ideale è adottare «misure ottimali di controllo della salute pubblica». Per dirla con Anthony Banbury, capo della missione Onu per l'emergenza Ebola, «bisogna isolare la malattia, non le nazioni».

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