I muri color sabbia del deserto, con le loro merlature che s'innalzano verso il cielo creando giochi ipnotici, nascondono uno dei più bei capolavori del Cairo. La moschea di Ibn Tulum, costruita nel IX secolo, con il suo minareto che ricorda il faro di Alessandria è una delle più belle del paese. Le sue sale di preghiera posizionate sotto gli archi aperti attorno a un vasto cortile, come si usava nelle prime moschee, raccontano molto dall'Egitto appena islamizzato. Il paese fu conquistato nel 640 dopo che un distaccamento di soldati arabi aveva messo sotto assedio la città di Babilonia, l'attuale Cairo e fondato nei suoi pressi la città di Al Fustat. Alessandria fu invece conquistata in modo pacifico a seguito di un accordo tra gli arabi e il patriarca cristiano melkita Ciro. Intesa che consentì senza spargimento di sangue alle comunità cristiane ed ebraiche di praticare la propria fede religiosa e conservare i titoli di proprietà dei propri beni in cambio del pagamento dell'imposta "di protezione” detta “jizya”.
L'Egitto della prima islamizzazione alternava la guerra per la conquista del potere politico, alla tolleranza religiosa nei confronti di chi riconosceva la sovranità dei musulmani arabi. Un'idea molto diversa dall'Islam fondamentalista di oggi che non tollera né le minoranze né che vi sia ancora la libertà di interpretazione del Corano. Tradizionalmente, sia nella religione sunnita che sciita, non vi era un papa o una chiesa con una gerarchia piramidale. L'interpretazione del Corano era lasciata ai singoli o alle differenti scuole giuridiche. Con il risultato che nel mondo esistono tante varianti dell'Islam quante sono le gradazioni di pigmento della pelle degli esseri umani. I capi della comunità musulmana fino all'arrivo del colonialismo erano i sultani, che non erano esponenti del clero, ma politici. Tendenzialmente il sultano non si occupava di questioni dottrinarie, ma al massimo sceglieva se lo stato fosse sunnita, o come nel caso persiano sciita, lasciando però un'ampia libertà di religione interna. Questo spiega perché l'India, una volta governata dai Mogul, ha una popolazione ancora a maggioranza induista o perché la Grecia ex ottomana è ancora abitata da cristiani ortodossi. Con l'arrivo del colonialismo i vari paesi islamici si trovarono di colpo con regnanti cristiani o laici e cominciarono a cercare una nuova identità adottando dall'Europa l'idea di nazionalismo o cercando in una riforma dell'Islam una nuova identità.
È in questi anni che si affaccia il primo Islam fondamentalista che comincia a teorizzare l'abolizione della libertà di interpretazione del Corano auto conferendosi il compito di scegliere cosa sia corretto o no da un punto di vista religioso. Sempre in quest'epoca nasce l'idea, anche per volontà europea, di creare nazioni separate in territori che dal tempo dei romani avevano quasi sempre vissuto in stati multiculturali. Entrambe queste visioni hanno portato alla ricerca dell'omogeneità religiosa o culturale attraverso scambi di popolazioni, come quelli tra Grecia e Turchia (1923) o quello tra India e Pakistan (1947) o guerre civili sanguinarie, come quelle in Bosnia, Libano e Siria. L'Egitto in tutto questo, grazie alla sua storia millenaria, ha avuto più facilità a costruirsi una nuova identità nazionale. Benché, anch'esso, sia stato scosso da movimenti islamici internazionalistici come i Fratelli Musulmani, che nacquero proprio sotto le piramidi nel 1928. Il mondo Islamico odierno sembra ormai immerso nella sua prima “guerra mondiale”, con alcuni attori che oggi fanno scoppiare conflitti dall'Africa fino all'Asia a seconda delle opportunità che si aprono. Oltre le scintille tra sciiti e sunniti, con l'Arabia Saudita che si scontra con l'Iran in Yemen, Iraq, Siria, Libano, vi è poi un conflitto tra i fondamentalisti islamici e gli islamici che credono ancora nella tradizionale libertà di interpretazione o contro i laici.
Questo scontro tra due diverse visioni religiose ha partorito attacchi terroristici dalla Nigeria fino alla Cina o nuove entità statuali come lo Stato Islamico tra Iraq e Siria. Inoltre, vi è una guerra per procura tra le tre potenze sunnite, Arabia Saudita, Qatar e Turchia, che pur essendo tutte alleate degli Stati Uniti si combattono in Siria, Libia, e in modo più sporadico in Egitto e Palestina per la supremazia nel mondo sunnita. In tutto questo il governo egiziano del feldmaresciallo Al Sisi, pur con le sue ombre sui diritti umani, sta tentando di fare un lavoro molto interessante di riposizionamento della società civile islamica. Il presidente egiziano, che ha deposto i Fratelli Musulmani nell'ultima sanguinosa onda della rivoluzione egiziana nel luglio del 2013, ha più volte dichiarato che non sta affatto portando avanti una guerra contro l'Islam, ma una guerra per salvare l'Islam da false interpretazioni che offendono la religione. Al Sisi oltre ad aver proibito i partiti islamici, pur mantenendo una certa tolleranza nei confronti dei salafiti, ha incominciato una lunga battaglia perché Al Azhar, l'Università Islamica del Cairo, controllata dallo stato, modifichi il suo insegnamento ai predicatori. Il nuovo governo ha anche affiancato al consueto concorso sulla conoscenza del Corano, uno sull'interpretazione del vero spirito della religione islamica. L'Egitto ha inoltre iniziato un lungo percorso per modificare i libri di scuola, con lo scopo di formare milioni di poveri con idee meno bigotte. Anche se alcuni zelanti esecutori delle decisioni governative hanno pensato bene di bruciare i vecchi libri di scuola dando una pessima immagine del nuovo ordine del paese.
Questo cambiamento nelle tradizionali politiche egiziane sta avvenendo grazie ai finanziamenti dei sauditi, il che potrebbe apparire contraddittorio, visto che i wahabiti hanno negli ultimi decenni finanziato i salafiti più conservatori in mezzo mondo. Rimane però il fatto che in mezzo a questo esplodere di radicalismo islamico nel mondo, uno dei paesi arabi più importanti sta finalmente tentando di far comprendere alla propria gente che il fondamentalismo islamico è una finta ideologia che allontana dalla vera religione. Le vecchie chiese e una bella sinagoga appaiono qua e là tra i vicoli della Cairo copto. L'atmosfera ha un che di antico, i gatti passeggiano assonati e le buganvillee trionfano nei loro mille colori diversi. I cristiani copti in Egitto sono ancora dieci milioni su una popolazione di novanta e dopo anni di turbolenze politiche hanno incominciato un percorso di riavvicinamento con i musulmani grazie alle politiche del nuovo governo egiziano. Il presidente al Sisi è andato a parlare in una chiesa per il natale ortodosso e da tempo spiega che i cristiani sono fratelli dei musulmani. Il percorso sarà ancora lungo e irto di ostacoli. Incominciando dalla tentazione egiziana di combattere l'islamismo fondamentalista dei Fratelli Musulmani con pene draconiane, facendo vittime anche tra i ragazzi laici che protestano contro la legge che mette paletti stringenti sulle manifestazioni.
Ma sui diritti umani l'opinione politica europea più che sbattere in faccia la porta all'Egitto, dovrebbe avviare un dialogo franco, capendo che la politica di Al Sisi di trasformare l'Egitto in un grande paese musulmano moderato, possa aprire molte opportunità e chiedendo allo stesso tempo al nuovo presidente di moderare certe sentenze della magistratura con decisioni politiche.
In fondo basta leggere la trilogia del Cairo del premio nobel Naguib Mahfuz per rendersi conto che l'Egitto, fino cinquant'anni fa, non era solamente il paese in cui molte donne erano ancora segregate nelle case, ma era anche un luogo, dove con il calar della notte, si consumavano i vini zibibbi, dove le ballerine imprenditrici di se stesse diventavano le amiche e amanti dei nobili o degli esponenti della borghesia commerciale, dove fiorivano passioni omosessuali, in cui regnavano intrighi umani e psicologici di ogni genere. Il tutto senza che nessuno ne mettesse in dubbio “l'islamicità”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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