Nell'estate del 2014 un'ennesima ondata di violenza portò a una nuova guerra nella striscia di Gaza. Tanto odio infiammava la striscia dove si scontravano le forze israeliane e i miliziani di Hamas, quanto un'ondata di livore scuoteva anche Israele e la Cisgiordania.
Il 2 luglio 2014 infatti, nel quartiere di Shuafat, a Gerusalemme, Muhammad Abu Khdei, un ragazzo palestinese di 16 anni venne rapito. A compiere il gesto due ragazzi israeliani di 16, 17 e un uomo di 31 anni che poi lo portarono in un bosco, lo picchiarono e lo bruciarono vivo.
La barbara esecuzione che i tre, tutti provenienti da famiglie ortodosse commisero, fu per vendicare la morte di Naftali Frenkel Gilad Shaar e Eyal Yifrach, tre ragazzi sequestrati a una fermata di un autobus a Hebron e poi uccisi.
Non si sa se questa sia la motivazione reale o quella scelta dai legali degli omicidi, in ogni caso, anche se così fosse, non sarebbe e non potrebbe mai essere utilizzata per giustificare il gesto compiuto. Vacuo di qualsiasi contenuto politico ma saturo invece di odio fine a sé stesso. Questa deve essere stata anche la considerazione del tribunale di Gerusalemme che il 4 febbraio ha emesso la sentenza finale del processo che li vedeva imputati.
Il ragazzo di 17 anni è stato
condannato all'ergastolo, al complice di 16 è stata inflitta una pena di 21 anni mentre per il terzo uomo, quello di 31, dal momento che soffre di problemi psichici, ancora non si conosce quale sarà la sua sorte.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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