Il fallimento cinese delle città fantasma

Quante sono e quanto siano costate non ci è dato saperlo. Le ghost cities cinesi vengono costruite per rimanere deserte, un po' in tutto il mondo

Il fallimento cinese delle città fantasma

Se, parlando di città fantasma, ci vengono in mente gli speroni di Clint Eastwood e la polvere del far west, allora il nostro tempo si è fermato al ventesimo secolo. Il primato delle ghost cities, oggi, è tutto firmato Made-in-China.

Con un piano governativo cominciato agli albori del ventunesimo secolo, infatti, il gigante dell’imitazione ha fatto sorgere innumerevoli città rimaste però deserte. A pochi chilometri da Shanghai, a Thianducheng, per esempio, è nata nel 2009 una finta Parigi che, pianificata con tanto di giardini pubblici e edifici in stile, ospita anche una Torre Eiffel in miniatura, alta un terzo di quella originale. Progettata per accogliere 100.000 abitanti, è solamente occupata da 2.000 persone. Se una capitale europea può sembrare un vezzo per eccentrici fotografi di matrimoni, lo stesso non si può dire per Yujiapu, eretta a partire dal 2008, come centro finanziario da affiancare a Shanghai e Hong Kong. Definita la “piccola Manhattan cinese”, purtroppo non fa pensare alla frenesia dei tanto noti yellow cab, bensì alla desolazione vissuta da Will Smith tra gli zombie di Io sono leggenda.

Gli esempi sono innumerevoli: Ordos, con la sua piazza principale lunga 2,5 km e larga 200 m, costata secondo Time intorno ai 5 miliardi di dollari, è una metropoli da un milione di abitanti, oggi occupata al 3% massimo; Changsha, descritta dal Business insider come una delle più grandi realtà fantasma, sorge sulle rive di un lago artificiale ed è abitata solamente da gru e scheletri di edifici incompleti.

Nonostante l’evidenza, da Pechino non si riescono, però, ad avere notizie certe e verità ufficiali: quante sono le città fantasma? Una decina o più? Quanto sono costate queste “new cities”, abbandonate prima di essere abitate?

L’immenso lavoro fornito alle aziende edili cinesi (ovviamente quotate in Borsa) non conosce limiti, tanto da superare i confini politici e da approdare in Angola, dove una città da 500.000 persone sembra essere sorta all’improvviso. Nova Cidade de Kalimba, alla periferia di Luanda, è composta da 750 edifici di otto piani, circa dodici scuole e centinaia di esercizi commerciali, completamente deserti. Il costo degli alloggi, infatti, si aggira intorno ai 90 mila euro, in un paese dove lo scarno reddito medio obbliga la popolazione locale a vivere nelle baraccopoli.

Se in occidente le città nascono e crescono in rapporto con la

loro popolazione, quelle cinesi funzionano esattamente in modo contrario: sorgono e poi, in qualche modo, si spera che un giorno vengano abitate. Se questo è un metodo che funziona, lo scopriremo forse nel prossimo decennio.

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