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Gerusalemme, dieci Paesi con Trump

Non c'è soltanto il Guatemala: Repubblica Ceca, Romania e Slovenia sono pronti

Gerusalemme, dieci Paesi con Trump

Gerusalemme Potrebbero già essere dieci i Paesi che stanno seguendo le tracce del Guatemala sulla strada dello spostamento dell'ambasciata da Tel Aviv alla capitale di Israele, Gerusalemme. L'ha detto la viceministra degli esteri Tzippi Hotovely durante un'intervista alla radio. E dato che fra questi Paesi sembra ci siano anche Romania, Slovenia, Repubblica Ceca, appare poco previdente l'affermazione di Federica Mogherini che sprezzantemente ingiunse a Netanyahu di non cercare approvazione per Gerusalemme capitale nell'Unione Europea, perché non ne avrebbe mai trovata.
I Paesi che si avviano, dopo aver votato contro la mozione israeliana o dopo essersi astenuti, a trasferire l'ambasciata, seguono la traccia del Guatemala, uno dei nove Paesi che hanno votato contro la maggioranza automatica. Trentotto si sono astenuti, 21 assenti. C'è spazio. Il Guatemala ha una lunga tradizione cristiana di amicizia con Israele e buone ragioni pratiche per avviare lo spostamento dell'ambasciata: un misto che potrebbe essere condiviso da molti Paesi, insieme al desiderio di non schierarsi testa a testa contro gli Stati Uniti. Novità assoluta nella storia dei frequenti voti antisraeliani e antiamericani, Nikky Haley ha chiarito, diritta e fiera, che di questo si tratta: integrità e buon uso del denaro. Un difficile binomio da digerire per il mondo moderno, ma che caratterizza finora l'atteggiamento all'Onu, col ritiro dall'Unesco e adesso, con un taglio dei fondi del contribuente americano.
Il discorso di Haley, sul terreno morale, prosegue la linea storica inaugurata a suo tempo da Daniel Patrick Moynihan quando nel 1975 dopo il voto dell'Onu «sionismo uguale razzismo» non nascose il suo disgusto. Haley ha dichiarato l'Onu disonorato dal voto su Gerusalemme, e ha aggiunto: «Non aiutate né la democrazia né la libertà». Tuttavia da allora, con alterne vicende, l'Onu ha seguitato a farsi gioco dei due Paesi tramite maggioranze automatiche islamiche o «non allineate», ricevendo al contempo una quantità di aiuti in forma soggettiva e per l'organizzazione in generale.
Trump ha annunciato per ora il ritiro di una somma relativamente piccola, 285 milioni di dollari sul bilancio 2018-19. Il budget americano è il 22 per cento di quello di tutta l'Onu, e tutto insieme lo si può calcolare a 8 miliardi. Una somma troppo grande per ricavarne solo schiaffi e ingiurie da parte di Paesi violatori seriali di diritti umani, sostenitori del terrorismo.
Il presidente del Guatemala Orlando Hernandez ha annunciato che manderà al Congresso un accordo firmato con Israele che aiuterà il suo Paese a organizzare le proprie forze armate per costituire un baluardo contro il crimine organizzato, la droga, il terrorismo. Israele può aiutare molti Paesi in questo campo, come in quello dell'agricoltura, della tecnologia, della medicina: è per questo che svariati Paesi africani e asiatici si sono mossi verso lo Stato ebraico. Ci sono motivi di convenienza che si affiancano, finalmente, a un compito riconosciuto: spazzare via dalle istituzioni corrotte la persecuzione perdurante del popolo ebraico, cioè dell'ebreo collettivo, Israele, operata dalle istituzioni internazionali. Nikky Haley sin dall'inizio ha denunciato la necessità per l'Onu di darsi un comportamento morale, sia rispetto ai suoi contenuti politici che rispetto alla corruzione che ne è diventata parte integrante insieme agli scandali economici e sessuali che ne promanano.
È penoso pensare che leader come Macron, Gentiloni, Merkel, votino insieme all'Iran, alla Turchia, al Qatar, (dove Macron ha appena concluso ottimi affari) alla Siria, al Venezuela, alla Nord Corea, lasciando al Guatemala e all'Honduras di diventare nuovi attori importanti della politica mondiale.

Intanto, nel processo di pace, avanza il Giappone che ieri ha invitato i protagonisti a Tokyo, compreso Trump. Nikky Haley sta rivoluzionando tutti gli schemi, e peccato che l'Europa, in gran parte, non sappia dire «l'anno prossimo a Gerusalemme».

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