Il ballottaggio di domenica scorsa ha mostrato un Brasile spaccato esattamente a metà, dove l'ex presidente Lula è riuscito a prevalere sull'uscente Jair Bolsonaro per appena 2 milioni di voti a fronte di più di 124 milioni di elettori totali. Persino le percentuali così serrate, 50,9% contro 49,1%, non rendono a sufficienza la polarizzazione che si è registrata in Brasile: in 14 dei 26 Stati (più il Distretto Federale), infatti, è stato Bolsonaro il candidato più votato mentre nel Nordest, roccaforte del Partito dei Lavoratori, Lula è andato sopra il 70% a Piauí, Bahia e Maranhão. All'ex presidente di destra, invece, non è bastato stravincere in alcuni Stati dell'Amazzonia come Roraima (76%) , Acre (70%) e Rondônia (70%).
Insomma, le proteste dei camionisti che hanno bloccato il Brasile nella settimana appena trascorsa sono il riflesso dei numeri usciti da un ballottaggio che si è risolto per un margine ristrettissimo di voti ma che vedeva contrapposti due visioni lontanissime di società. In questo clima, come avevamo già visto, non poteva non giocare un ruolo significativo la componente religiosa, specialmente alla luce del fatto che il Brasile può vantare la comunità cattolica più numerosa del mondo.
Con la spaccatura creatasi nel Paese in campagna elettorale e dopo ha fatto i conti anche uno degli uomini più importanti del Sacro Collegio, il cardinale Odilo Pedro Scherer che è arcivescovo metropolita di San Paolo. Prima delle urne, il prelato aveva provato a calmare le acque su Twitter, invitando i brasiliani a riflettere sul fatto che "la fede in Dio rimane dopo le elezioni" e che, dunque, non vale la pena mettere "valori morali, giustizia, fraternità, amicizia, famiglia" a rischio "in mezzo alla lotta politica". A preoccuparlo, inoltre, era anche il fatto che nel legittimo dibattito politico venissero trascinate anche le Chiese.
La riflessione del cardinale, però, non è piaciuta a diversi sostenitori di Bolsonaro che hanno accusato i vescovi brasiliani di solidarizzare con la causa lulista e su Twitter hanno bersagliato Scherer, bollandolo come comunista perché veste di rosso. In realtà, come è noto, il rosso dell'abito cardinalizio non ha alcuna connotazione politica ma è un riferimento al martirio, perché chi riceve la porpora deve essere pronto a spargere il suo sangue per la fede in Cristo. "Usque ad sanguinis effusionem", questa la formula tradizionale.
Scherer ha voluto in ogni caso rispondere agli attacchi - a cui si sono aggiunti anche quelli di essere abortista - ribadendo di essere "a favore della famiglia, contro l'aborto e ogni violenza contro la persona" e di non approvare il comunismo o il fascismo. Ma le critiche social devono aver lasciato il segno sull'arcivescovo che è voluto tornare ad esprimersi sulle accuse mosse contro la Chiesa in campagna elettorale durante una cerimonia nel Santuario Frei Galvão Galvão.
Il porporato ha invitato i fedeli a rileggere il Vangelo, sottolineando che è inutile annunciarlo se poi non si mostra carità per i poveri e per i malati. Il tono dell'omelia si è poi fatto polemico. "Oggi si dice che chi si prende cura dei poveri è comunista", ha tuonato Scherer. "Allora, Gesù era comunista", ha affermato il cardinale, spiegando che è stato Gesù a dire di farlo. Subito dopo, l'arcivescovo ha svelato la sua provocazione, chiarendo che "no, questo non è essere comunisti" perché "prendersi cura dei poveri, dei malati, come ha comandato Gesù, fa parte del Vangelo" e invitando i fedeli a non lasciarsi ingannare e seguire l'esempio evangelico, così come i "santi hanno fatto" . Il video dell'omelia è stato condiviso su Twitter anche da Orlando Silva, politico di sinistra ed ex ministro di Lula. Sul profilo ufficiale del cardinale è comparso il retweet al commento di Silva, il quale ha definito il bolsonarismo “una setta diabolica”.
O bolsonarismo é uma seita tão diabólica que obriga a Igreja Católica a reagir contra as agressões e impropérios. O próprio Cardeal @DomOdiloScherer mostra que a defesa dos pobres é uma obrigação cristã. Derrotar o apóstata e seus asseclas no dia 30 é necessário. pic.twitter.com/iz0vAVRCly
— Orlando Silva (@orlandosilva) October 25, 2022
Il cardinale Scherer non è sospettabile di simpatie per la Teologia della Liberazione, la corrente teologica che flirtava con il marxismo e si diffuse in America Latina tra gli anni '60 e gli anni '70. Il suo nome era entrato nella lista dei papabili al Conclave del 2013 come candidato del cosiddetto partito 'curiale'. A suo vantaggio giocava la provenienza dall'America del Sud, la solida formazione teologica, l'esperienza pastorale alla guida di un'arcidiocesi importante come quella di San Paolo e la familiarità con la Curia in quanto membro della commissione di vigilanza sullo Ior. Ma la sua candidatura, secondo una ricostruzione riportata da Gerard O'Connell nel suo libro The Election of Pope Francis: An Inside Account of the Conclave That Changed History, si sarebbe dissolta nell'urna della Cappella Sistina durante il primo scrutinio, incassando solo quattro preferenze contro le 30 dell'italiano Angelo Scola e le 23 del futuro Papa, Jorge Mario Bergoglio.
Tuttavia, va detto che non avremo mai la certezza che andò effettivamente così, perché i cardinali
che partecipano al Conclave sono tenuti a rispettare per sempre il segreto circa il suo svolgimento. Per chi viola questo giuramento è persino prevista la pena della scomunica "latae sententiae".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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