La nascita di uno Stato curdo è “più vicina che mai”. A sostenere questa tesi è il presidente del governo del Kurdistan iracheno Massoud Barzani in un’intervista al Guardian, nella quale invita la comunità internazionale a un nuovo patto sul Medio Oriente che riconosca una volta per tutte quello che Jonathan Randal chiamava “il Paese che non c’è”. “L’era di Sykes-Picot è finita. Che lo dicano o no, che lo accettino o meno, la realtà sul terreno è questa. Ma si sa, i diplomatici sono dei conservatori e talvolta non tengono il passo con gli sviluppi”, ha detto.
In effetti la mappa politica dell’Iraq settentrionale è drasticamente cambiata da quando Daesh ha fissato il confine a Mosul, seconda città del Paese dopo Baghdad. Il Kurdistan iracheno aveva di fatto cominciato a vedere la luce sotto la protezione degli Stati Uniti e dell’Inghilterra, con la no fly zone istituita tra le due invasioni statunitensi (1991-2003). Dopo il rovesciamento di Saddam Hussein, ha acquisito un alto grado di autonomia ed è entrato nella zona di influenza occidentale e israeliana. Dopo decenni di lotta armata, guerra civile e spostamenti di popolazioni, il primo luglio del 2014 Barzani aveva finalmente annunciato l’intenzione di andare avanti con il progetto per l’indipendenza del popolo curdo. Poi l’avanzata di Daesh verso Erbil, capitale della Regione autonoma del Kurdistan, aveva fermato questa ambizione.
Ora che curdi hanno il pieno controllo di Kirkuk e Sinjar, che i peshmerga hanno liberato di recente, come di altre zone un tempo in mano a Baghdad, Massoud Barzani è tornato a sperare: “continuare a voler mantenere lo status quo rispetto all'accordo siglato da Francia e Gran Bretagna dopo la Prima Guerra mondiale comporterà un’ulteriore frammentazione regionale”. Il presidente curdo ritiene che i poteri regionali e globali necessitano di firmare un nuovo patto che protegga le comunità in Iraq e in Siria, dove le tensioni si sono inasprite su basi socio-religiose e settarie. “E’ illogico - ha spiegato - continuare o insistere nella ripetizione di un esperimento sbagliato portato avanti per cento anni e che non sta portando a niente”. Al Guardian, Barzani afferma comunque che alcuni Paesi vicini vedono la regione del Kurdistan come una fonte di stabilità nella regione dominata dal caos geopolitico. “Tutti coloro che si oppongono a noi hanno una percezione sbagliata. La regione del Kurdistan non è una minaccia per alcuno dei nostri vicini. Siamo un elemento di stabilità, come dimostra la nostra esperienza degli ultimi 15 anni”, ha detto nell’intervista.
Ma i Paesi vicini hanno spesso temuto uno Stato curdo sovrano, in particolare la Turchia di Erdogan che combatte da decenni contro i militanti curdi accusati di voler creare una regione autonoma nel sud-est del Paese e considerati un gruppo terroristico a tutti gli effetti. Dal punto di vista americano, la creazione del Kurdistan è una tappa della ristrutturazione del "Grande Medio Oriente”, vale a dire, della suddivisione dell’intera area in micro-Stati etnicamente omogenei, facili da dominare, in cui rientra anche la Siria di Bashar Al Assad. Tuttavia il nodo da sciogliere rimarrebbe uno: Stati Uniti e Israele sarebbero disposti a sacrificare l’alleanza con la Turchia? Sembra troppo presto per parlarne, eppure di una cosa si è certi.
Ancora una volta il destino del Kurdistan non sarà deciso dalla popolazione curda. La geopolitica globale supera di gran lunga le aspirazioni di qualsiasi leader carismatico, anche se questo si chiama Barzani ed è figlio di Mullah Mustafa.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.