A poco meno di due settimane dalla strage di Christchurch in Nuova Zelanda, in cui 50 persone di fede islamica hanno perso la vita per mano del suprematista bianco Brenton Tarrant, un'inchiesta di Al Jazeera pone luce sui rapporti tra l'estrema destra australiana e la National Rifle Association, la lobby pro armi statunitense. In tre anni trascorsi sotto copertura, il giornalista australiano Rodger Muller sì è infatti finto il presidente dell'associazione fittizia Gun Rights Australia allo scopo di allacciare rapporti di tipo confidenziale con i dirigenti dell'Nra e capire così le loro stategie mediatiche, nonché il loro sistema di finanziamenti. Ottenuta la fiducia dei quadri dell'associazione, Muller ha in seguito preso contatto con gli esponenti del Pauline Hanson's One Nation, partito politico australiano di estrema destra noto per le sue posizioni anti islamiche, anti immigrazione e a favore della libera circolazione delle armi da fuoco, oltreché per la sua indiscussa leader Pauline Hanson, salita agli onori delle cronache internazionali qualche tempo fa dopo essersi presentata in parlamento indossando un burqa. L'obiettivo finale era stabilire l'esistenza o meno di legami tra le due organizzazioni, nonché convincere James Ashby - segretario generale del partito - e Steve Dickson - segretario della sezione regionale del Queensland - a partire alla volta di Washington Dc per partecipare alle riunioni dell'Nra.
Una volta introdottisi all'interno dell'associazione, Ashby e Dickson avrebbero discusso con i responsabili dell'Nra circa la possibilità di ottenere una donazione di 20 milioni di dollari da adoperare per le proprie attività elettorali. L'ingente somma sarebbe inoltre servita per aumentare il proprio peso politico all'interno delle istituzioni del Paese (specie al Senato, dove sono già presenti con quattro parlamentari), col fine ultimo di riuscire a modificare l'iper restrittiva legge australiana sulle armi, da sempre grande nemica dell'One Nation. Un'indiscrezione questa confermata peraltro dallo stesso Dickson, che mentre era ripreso da una telecamera nascosta ha affermato: "Potremo diventare l'ago della bilancia, in parole povere significa che terremo il governo per le palle ad ogni singola votazione. Nei nostri piani le pistole continueranno ad essere l'unica cosa che conta", aggiungendo in un'altra occasione: "A fine giornata si parlerà di soldi. Potremo cambiare il sistema di voto nel nostro Paese, il modo in cui le persone agiscono, se solo avessimo abbastanza soldi per farlo".
La legislazione australiana sul possesso di armi è da molti anni una delle più rigide esistenti al mondo, varata dopo che nel 1996 un uomo uccise 35 persone in una sparatoria nella città di Port Arthur, in Tasmania. Da allora, in Australia è vietata la compravendita di armi automatiche e semiautomatiche oltre ad essere stati introdotti criteri più stringenti per l'acquisto di tutte le altre tipologie di armi da fuoco. Una normativa - secondo i sondaggi sostenuta da circa il 90 per cento della popolazione australiana - che differisce significativamente da quella molto più permissiva della vicina Nuova Zelanda, dove solo dopo la strage di Christchurch ha potuto prendere piede un serio dibattito pubblico in merito alla sua reale legittimità. Nei giorni immediatamente successivi alla strage, lo stesso One Nation è finito sotto i riflettori per il ruolo da esso assunto nella diffusione delle ideologie suprematiste e pro armi nel Paese oceaniano, le quali potrebbero aver influenzato il pensiero politico dell'attentatore, originario proprio dell'Australia.
Sconcertato dalle rivelazioni emerse nell'inchiesta di Muller, il Primo Ministro australiano Scott Morrison ha in seguito dichiarato: "Siamo profondamente preoccupati dal fatto che i funzionari dello One Nation abbiano cercato di ottenere donazioni straniere dalla lobby pro armi statunitense. Tutto ciò al fine di modificare forzosamente la legislazione australiana sul controllo delle armi che tiene al sicuro i nostri cittadini". Proprio nello scorso novembre, preoccupato per eventuali influenze straniere - in particolar modo da parte della Cina - nella politica nazionale, il governo australiano varò un pacchetto di leggi che impediscono donazioni provenienti da enti esteri.
In risposta alle accuse, Ashby e Dickson si sono grossolanamente giustificati dichiarando di essere stati un po' alticci mentre venivano ripresi dalla telecamera nascosta e di aver quindi involontariamente esagerato le loro affermazioni. Ashby ha infatti spiegato: "Lo ammetto. Siamo arrivati in America, abbiamo bevuto un po' di drink e successivamente abbiamo parlato delle donazioni, ma non con membri dell'Nra. Eravamo solo io, Dickson e Muller". Il suo collega ha invece preferito puntare il dito contro l'emittente che ha commissionato l'inchiesta, accusandola di propaganda anti australiana:"Al Jazeera è l'organo di propaganda del governo del Qatar. Rodger Muller sembrava essere un tipo a posto. Non avrei mai sospettato, nemmeno nei miei sogni più strani, che questo ragazzo potesse lavorare in un paese del Medio Oriente come spia per interferire nella politica australiana, Questa è roba da film di James Bond".
In una nota inviata in seguito all'agenzia di stampa Reuters, James Ashby ha successivamente riferito di aver informato
della questione la Polizia federale e i servizi segreti australiani, nel timore che l'inchiesta di Al Jazeera possa costituire una forma di interferenza politica in vista delle imminenti elezioni generali del prossimo maggio.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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