"L'Europa sia casa comune. Se c'è unità siamo in tempo per riparare tutte le crepe"

Nel suo ultimo libro-testamento, lo statista Gorbaciov chiama i leader a muoversi in fretta e non risparmia accuse: "La Russia non può essere solo spettatrice"

"L'Europa sia casa comune. Se c'è unità siamo in tempo per riparare tutte le crepe"

Pubblichiamo un ampio estratto dell'ultimo libro di Mikhail Gorbaciov «La posta in gioco. Manifesto per la pace e la libertà» (Baldini+Castoldi, 176 pagine). Una sorta di testamento politico, specie nel capitolo pubblicato in cui elogia l'importanza dell'Europa ed esorta a migliori rapporti tra gli Stati, compresa la Russia.

Che ruolo svolgerà l'Europa? Cosa succederà al nostro continente a cui l'umanità deve così tanto? Ma prima ancora, occorre rispondere a questa domanda: di quale Europa stiamo parlando? Alle conferenze internazionali e nei media, l'Europa equivale spesso all'Unione Europea. Ogni volta che mi trovavo di fronte a questa idea, non potevo fare a meno di chiedere: «Non state forse facendo confusione? Le nazioni che non ne fanno parte, in particolare la Russia, non sono comunque Europa?». Negli ultimi anni, questa ambiguità è apparsa particolarmente evidente (forse perché l'Unione Europea stessa sta affrontando grossi problemi), ma non è scomparsa. Vero è che la Comunità Europea, che in seguito è diventata l'Unione Europea, è stata eccezionalmente importante nel continente e nel mondo intero, e lo è tuttora.

(...) L'idea di una casa comune, di un'Europa unita senza linee di confine è una delle idee più produttive nella nostra storia comune, e ha svolto un ruolo incontrovertibile nel superamento della guerra fredda. Sviluppare questa idea, aiutarla a evolversi e metterla in pratica avrebbe dovuto diventare il tema unificante della politica europea. Sono convinto che avrebbe aiutato a prevenire molti conflitti, come quelli nei Balcani, all'interno dell'Unione Europea e nelle relazioni tra la Russia e i suoi vicini. Sfortunatamente, la storia ha preso un'altra piega. Oggi l'Europa è diventata un focolaio di crisi per la politica mondiale. Come è potuto accadere? Sono sempre più convinto che uno dei motivi sia da ricercare nel corso stabilito dai principali Stati membri nei primi anni Novanta. All'epoca l'Unione intraprese un percorso di espansione accelerata in risposta al desiderio di alcuni Paesi di entrare in Europa: il nostro continente, la nostra casa a farne parte, ma allo stesso tempo trascurò il fatto che le sue posizioni globali dipendevano dalla forza della sua struttura interna. È emerso che membri vecchi e nuovi non rispettavano gli standard comuni in termini di economia, sicurezza sociale e lotta alla corruzione. A mano a mano che l'Unione si espandeva, i suoi problemi interni peggioravano anziché diminuire, con grande dispiacere di molti cittadini che non vedevano alcun beneficio concreto da parte di questo enorme apparato burocratico, lento nel rispondere ai loro problemi e bisogni. Diverse crisi, in particolare quella in Grecia, hanno reso questo atteggiamento dolorosamente evidente. E a partire dal referendum per la Brexit, la questione principale è questa: quanto è forte l'Unione Europea oggi?

Il rapido processo di espansione ha anche notevolmente teso le relazioni tra l'Unione Europea e la Russia. Durante gli anni della perestrojka iniziammo a costruire, nel 1988, una nuova relazione attraverso un accordo commerciale e di cooperazione. L'accordo di partenariato e cooperazione tra l'Unione Europea e la Russia venne firmato nel 1994. Nel 2001 si svolse il summit in occasione del quale Romano Prodi, allora presidente della commissione europea, presentò l'idea di istituire uno spazio economico comune, seguita da un accordo, firmato nel 2005, tra la Russia e l'Unione Europea che aveva l'obiettivo di creare partenariati strategici in quattro spazi: uno economico, uno di libertà, sicurezza e giustizia, uno in materia di sicurezza estera e uno di ricerca, istruzione e cultura. Sembrava che si fossero aperte grandi prospettive, decisamente in linea con l'idea di una casa comune europea. Ma queste nuove opportunità dipendevano da un dialogo tra pari e dalla considerazione per gli interessi russi, in particolare per quel che riguardava la creazione delle relazioni con i nostri vicini, ai quali ci legava una complessa storia comune e plurisecolare. In merito a questo aspetto i leader dell'Unione non hanno mostrato sufficiente saggezza politica, e non sono stati nemmeno in grado di essere lungimiranti. Ciò è stato evidente soprattutto nel modo in cui l'Unione Europea ha negoziato un accordo di associazione con l'Ucraina. Non era forse lampante che un tale accordo toccasse direttamente gli interessi della Russia? Commercio, relazioni economiche, cooperazione industriale... tutto questo è saldamente legato a problemi politici, economici e legali, e avrebbero dovuto discuterne al tavolo delle trattative, permettendo alla Russia di parteciparvi da pari. Sono certo che il contributo della Russia sarebbe stato costruttivo, perché in fondo è davvero interessata a un partenariato sia con l'Unione Europea che con l'Ucraina. Ma al posto di negoziati, la Russia è stata semplicemente messa davanti a un fatto compiuto. Il risultato è noto a tutti.

Molti sembrano pensare che il nostro continente abbia vissuto una spaccatura irreversibile. In tal caso, il danno all'Europa sarà enorme; nell'inevitabile competizione tra le regioni del mondo globale, che è già iniziata, la sua posizione risulterà indebolita. Sarebbe davvero il «declino dell'Europa» di cui molti parlano. E noi dobbiamo impedire che ciò accada. Non vi è altra scelta che tornare all'idea di una casa comune per tutti gli europei. In realtà viviamo già in una casa Europa: il nostro continente, la nostra casa simile, ma i cui abitanti ultimamente non vanno d'accordo. Questa situazione deve cambiare. Dobbiamo lavorare insieme per riparare le crepe che si sono formate in questi ultimi decenni e che di recente si sono fatte più profonde.

La situazione è così complessa da richiedere uno sforzo praticamente titanico. E dobbiamo metterci al lavoro il prima possibile. In tutta onestà, avremmo dovuto incominciare ieri. Peccato che i leader politici responsabili non avessero la saggezza e la forza necessarie per farlo.

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