Martin Schulz ha perso le elezioni federali tedesche. E le ha perse male, portando l'Spd ad un risultato ben al di sotto delle aspettative. Secondo quanto stabilito dai primi exit poll, infatti, i socialdemocratici tedeschi si aggirerebbero attorno al 20% dei consensi: molto meno di quanto era stato decantato sull'uomo che avrebbe dovuto scalzare la Merkel dal cancellierato. Quanto emerso durante le fasi iniziali di questa campagna elettorale, cioè la possibilità che la piega presa elettoralmente dal leader dei socialdemocratici potesse risultare vincente, è lentamente tramontato con il trascorrere del tempo: prorio come la candidatura di Schulz, che dovrebbe chiudere con un misero bottino di circa 130 parlamentari. Il candidato socialdemocratico, del resto, le ha provate tutte. Inizialmente ha impostato la sua discesa in campo su politiche ed interventi tradizionalmente socialisti come l'incremento della spesa pubblica, con l'istruzione gratuita per tutti e la riforma del sistema pensionistico. Un piano che sarebbe costato centinaia di miliardi di euro. Poi, probabilmente accortosi della rilevanza mediatica della questione "immigrazione", ha messo da parte il socialismo di ritorno per porre l'accento sugli errori della Merkel in materia di politiche migratorie. Per non perdere troppo male, insomma, s'è messo a fare il conservatore. I dati che stanno emergendo pongono però anche un'altra questione: l'Afd non è solamente il terzo partito tedesco per numero di voti, ma minaccia seriamente di scavalcare nel tempo l'Spd se i socialdemocratici non dovessero rivelarsi in grado di arrestare la propria discesa elettorale. Nelle ultime settimane, infine, l'ennesima piroetta: dopo aver costantemente alzato i toni nei confronti dell'operato pluridecennale della Merkel, Schulz li ha drasticamente abbassati, probabilmente con lo scopo di non risultare incoerente nel caso avesse poi scelto di riproporre la Grosse Koalition. Soluzione governativa che, dato il consenso raggiunto dall'Spd, diviene politicamente improbabile oltre che impraticabile.
Nel 2013, ancora, l'Spd aveva preso il 25,7% dei voti, ben 4 punti percentuali in più rispetto ad oggi. Un dato all'epoca considerato catastrofico che adesso verrà seriamente rivalutato. Questa sconfitta, infatti, è già stata definita dai più come "storica". Ma quali sono le cause di questa disfatta? Martin Schulz, solo per il tramite della riforma delle pensioni, aveva previsto, secondo quanto calcolato dal settimanale Focus, un costo aggiuntivo per lo stato di più di 27 miliardi d'euro l'anno, per un totale di 333,5 miliardi di euro fino al 2029. Proporzioni che venivano ribadite nel programma del leader socialdemocratico anche in altri punti: l'istuzione gratuita per tutti sarebbe costata, secondo quanto stimato, 20 miliardi. Il rischio paventato era che un incremento così cospicuo della spesa portasse i fondamentali economici tedeschi a perdere quell'equilibrio tanto propagandato. In Germania, insomma, non hanno creduto al ritorno del socialismo reale come soluzione alle discrepanze sociali. All'Spd restano i ruoli istituzionali previsti per l'opposizione dal sistema tedesco e poco più. Rimane anche, probabilmente, l'amarezza per non aver affrontato le tematiche dell'accoglienza e della riforma del welfare in modo compatibile, mediante modalità comunicative e programmatiche in grado di convincere i destinatari naturali del voto socialdemocratico, cioè la classe media. La stessa classe che, interpretando i primi dati, è possibile definire come interessata all'evoluzione dell'Afd.
Quella preoccupata dal numero di profughi entrati in Germania in passato e dalle previsione dei numeri di quelli che entreranno nella loro nazione in futuro. Schulz ha provato a proporre un po' di tutto e, alla fine, non ha raccolto niente. E' un tramonto politico a tutti gli effetti.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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