La mente dell'11 settembre: "Perché colpimmo l'America"

In una lettera del 2015, uno degli attentatori scrisse: "Avete iniziato la guerra conto di noi. Questa è la nostra risposta ai vostri crimini"

La mente dell'11 settembre: "Perché colpimmo l'America"

È stata resa solo oggi la lettera scritta nel 2015 da Khalid Shaykh Muhammad, la mente degli attacchi dell'11 settembre del 2001 e oggi detenuto a Guantanamo, all'ex presidente americano Barack Obama. In essa vengono esposti i tanti perché degli attacchi contro le Torri Gemelle.

Scrive Khalid Shaykh Muhammad: "Avete le mani lorde del sangue dei nostri fratelli, sorelle e bambini uccisi a Gaza, Waziristan, Yemen, Iraq, Libia, Afghanistan, Somalia e altre parti del mondo". E ancora: "Non siamo noi ad aver iniziato la guerra ma voi e i vostri dittatori nelle nostre terre". Già da queste poche righe si comprende come l'azione terroristica dell'11 settembre sia stata concepita come una vendetta contro la politica estera americana.

Ma non mancano gli sfottò a Obama, definito un "avvocato brillante che ben conosce i diritti umani e che può uccidere il suo nemico senza processo e gettarne il cadavere nel mare anziché consegnarlo alla famiglia per una umana sepoltura". Il riferimento è chiaramente allo sceicco del terrore, ovvero a Osama bin Laden, ucciso durante un'operazione delle forze speciali americane e poi gettato in mare.

La lettera, di 18 pagine, sarebbe stata scritta durante i bombardamenti degli israeliani su Gaza del 2015, come ha affermato l'avvocato David Nevin: "Khalid Shaykh è irritato dalla politica estera americana ed è perfettamente convinto che gli Usa abbiano firmato un assegno in bianco per Israele". E non ha alcun rimorso, Khalid, per i crimini commessi: "Non chiederò mai pietà a te o al tuo tribunale, fate quello che volete, la mia libertà, la mia prigionia e la mia morte sono una maledizione su tutti i malfattori e i tiranni".

E il jihadista ne ha anche per l'Italia, accusata di aver permesso alla Cia di rapire "uno studioso egiziano mentre stava recandosi alla preghiera del mattino". Il riferimento questa volta è a Abu Omar, l'imam rapito a Milano nel 2003 e trasferito in Egitto, dove sarebbe stato anche torturato.

Khalid conclude la lettera parlando della propria morte: "Se sarò condannato

all'ergastolo sarò felice di pregare Allah tutti i giorni ma se dovessi essere condannato a morte sarò ugualmente felice perché incontrerò Allah, i profeti e anche i miei migliori amici che avete ucciso, come Osama Bin Laden".

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