Migranti, la Bosnia alza la voce contro l’Ue: "Non siamo l’hotspot europeo"

Il ministro della sicurezza della Bosnia Dragan Mektic critica fortemente le proposte avanzate da Bruxelles per costruire un centro d’accoglienza per i migranti nel cuore della città di Sarajevo e ribadisce che la Bosnia non diventerà mai l’hotspot d’Europa

Migranti, la Bosnia alza la voce contro l’Ue: "Non siamo l’hotspot europeo"

“Non siamo l’hotspot d’Europa per i migranti”. Ecco il commento del ministro della sicurezza bosniaco Dragan Mektic che rispedisce al mittente le proposte ventilate nelle ultime settimane da alcuni burocrati europei di far diventare lo stato della Bosnia ed Erzegovina la sentinella dell’Unione europea.

L’idea avanzata prevedeva che questo paese al confine con il territorio europeo attuale diventasse una sorte di Ellis Island americana per l’identificazione, l’accoglienza e il successivo smistamento dei profughi provenienti dalle rotte balcaniche. Ma la Bosnia non ci sta e ha deciso di rifiutare in toto di essere il purgatorio europeo per i migranti confinati nel suo territorio in attesa di essere ammessi in uno dei 28 stati dell’Ue.

"Non possiamo trasformare la Bosnia in hotspot , possiamo solo essere un territorio di transito", ha dichiarato il ministro Mektic.

La maggior parte dei profughi bloccati in Bosnia si trova a Bihac, cittadina di circa 65mila abitanti, poco distante dal confine europeo della Croazia.

Secondo il ministro bosniaco, Bruxelles vorrebbe costruire un centro di accoglienza nelle vicinanze di Sarajevo, in modo tale da avere centinaia di chilometri tra Unione europea e i migranti. Il finanziamento di questi accampamenti sarebbe fortemente spinto e appoggiato dalla Croazia, che vede nella Bosnia una sorta di “vicolo cieco per i migranti”. Il fondamento di queste idee deriva dal recente rifiuto europeo di sponsorizzare la creazione di un centro di accoglienza a Velika Kladusa, villaggio a meno di 4 chilometri dal confine croato.

Il rifiuto della Bosnia nel seguire

le direttive di Bruxelles sulla gestione dei migranti potrebbe diventare un pretesto utilizzato per condizionare negativamente la candidatura di Sarajevo, presentata il 15 febbraio 2016, a diventare stato membro dell’Ue.

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