L'Unione Europea "è in grado" di chiudere la rotta libica dei migranti: a dirlo è il presidente del Consiglio Europeo, Donald Tusk.
Reduce da un incontro a Bruxelles con il primo ministro libico Fayez al Serraj, del governo internazionalmente riconosciuto di Tripoli, il politico polacco ha spiegato che il flusso di immigrati che si imbarca ogni anno dalla Libia verso le coste del nostro Paese e quelle di Malta "non è più sostenibile".
"Domani a Malta - annuncia Tusk - proporremo misure operative per rafforzare il nostro lavoro e gestire meglio le rotte migratorie. L'Europa ha dimostrato di essere in grado di chiudere le rotte di migrazione illegale, come ha fatto nel Mediterraneo Orientale. Abbiamo discusso di questo esempio: ora è tempo di chiudere la rotta dalla Libia all'Italia. Ne ho parlato a lungo con il primo ministro italiano Paolo Gentiloni ed è alla nostra portata. Quello di cui abbiamo bisogno è la piena determinazione a farlo".
Dichiarazioni andranno però conciliate con quelle dell'Alto Commissario Ue per la Politica Estera, Federica Mogherini, che appena pochi giorni fa aveva avvertito che in "libia" non ci sono le condizioni" per riproporre in Libia un accordo simile a quello stretto l'anno scorso con la Turchia per frenare i flussi migratori.
La via seguita da Bruxelles, pertanto, è quella del "Fondo per l'Africa" da 200 milioni di euro che dovrebbe servire per stringere accordi circoscritti con diversi Paesi africani sulle principali rotte. Un'altra ipotesi che sarebbe allo studio dei Ventisette sarebbe poi quella di un blocco navale davanti alle coste libiche, realizzato con unità della Marina e della Guardia Costiera di Tripoli, grazie all'impiego di fondi europei.
Il monito di Serraj: "Rispettare sovranità libica"
In mattinata è intervenuto anche Fayez al Serraj, ricordando che "qualsiasi accordo" dovrà
"innanzitutto rispettare il principio di sovranità dello Stato libico"."Il nostro è un Paese di transito - ha ricordato il capo del governo tripolino - Non abbiamo intenzione di trattenere i migranti o di insediarli in Libia".
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