Il 2022 è lontano. Il mondiale in terra brasiliana è appena passato e prima di Russia 2018 di tempo ne deve passare eccome. E da lì, ancora quattro anni prima del discusso campionato del mondo in Qatar. L’emirato sarà il cuore pulsante del calcio e batterà d’invero. Ma a differenza delle polemiche di pubblico dominio circa l’assegnazione poco cristallina del torneo e all’impossibilità di giocarlo d’estate (il mondiale si terrà d’inverno con un conseguente sballamento dei campionati nazionali), le continue morti degli operai che lavorano agli impianti di gioco passano sotto silenzio. Chi ha digerito poco e male la scelta della Fifa scuote ulteriormente la testa.
Il The Guardian, autore di un’approfondita inchiesta sullo sfruttamento in corso, racconta che i migranti nepalesi impegnati nella realizzazione delle infrastrutture muoiono al ritmo di uno ogni due giorni. Le promesse del Qatar di rendere più umane le loro condizioni di lavoro sono rimaste tali: a nulla sono servite le proteste delle associazioni dei diritti umani che invocavano riforme sensibili per aiutare una manodopera che fa il suo mestiere sotto il sole cocente a 50 e più gradi centigradi. È schiavitù e il suo bilancio è spaventoso. Il quotidiano britannico riferisce i dati del Nepalese foreign employment promotion board: “157 operai sono morti tra gennaio e la metà di novembre di quest'anno; 67 per arresto cardiaco improvviso e otto per attacchi di cuore, mentre 34 decessi sono stati registrati come incidenti sul lavoro”. Sui numeri non c’è chiarezza, e il triste bollettino potrebbe essere anche più lungo.
Amnesty International e Human Rights watch denunciano da mesi che la forza lavoro – nepalese, indiana, cingalese, bengalese – è trattata come bestiame. Il reclutamento di massa e senza scrupoli continua indisturbato, con le autorità che voltano lo sguardo da un’altra parte: sono circa 1.4 milioni gli immigrati all’opera.
E un recente rapporto di AI rende noto che continuano incontrollate pratiche come “ritardi nei pagamenti dei salari, condizioni di lavoro dure e pericolose, cattive condizioni di vita, lavoro forzato e violenza fisica e sessuale contro le lavoratrici”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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