Onu, accusa choc a Facebook: "Complice di crimini di guerra"

A essere censurato dall’Onu è lo scarso impegno dimostrato dal social network nel contrastare gli utenti birmani che inneggiano alle violenze contro i Rohingya

Onu, accusa choc a Facebook: "Complice di crimini di guerra"

Le Nazioni Unite minacciano di denunciare formalmente Facebook per “crimini di guerra”. Il social network è stato infatti biasimato per “blanda vigilanza” circa i post che propagandano l’odio razziale e la pulizia etnica. L’“eccessiva lentezza”, rimproverata alla società di Mark Zuckerberg, nell’interdire la pubblicazione di messaggi a favore di crimini di guerra equivale, ad avviso dell’organismo internazionale, a una “piena complicità” nei crimini stessi.

Zeid Ra'ad Al-Hussein, Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, nel presentare all'Assemblea generale l'ultimo rapporto sui conflitti in corso nel Sudest asiatico, ha puntato il dito contro il colosso californiano, denunciando il “diretto coinvolgimento” di quest’ultimo nell’aggravarsi dello scontro interetnico in Myanmar. Da anni, il Governo dell’ex Birmania conduce brutali persecuzioni ai danni della minoranza Rohingya, di religione islamica. Secondo l’alto funzionario Onu, i profili Facebook di migliaia di utenti birmani si sarebbero recentemente trasformati in “centrali della propaganda anti-Rohingya”, in quanto diffonderebbero senza sosta messaggi inneggianti all’odio verso le minoranze e alla pulizia etnica. Il social network, tollerando la diffusione di tali post discriminatori e guerrafondai, avrebbe di conseguenza un ruolo “cruciale” nella crescita, all’interno della società del Paese asiatico, di una “mentalità ostile alla cultura dei diritti umani”.

Al-Hussein ha precisato: “Lo scarso impegno di Facebook nel contrastare la propaganda a favore delle violenze interetniche in Myanmar si è rivelato uno strumento a supporto degli autori di crimini di guerra. Violenze atroci ai danni del popolo Rohingya sono state perpetrate e giustificate dai vertici militari sull’onda della propaganda guerrafondaia alimentata da migliaia di post brutali pubblicati su Facebook e mai rimossi dai responsabili del social network.” L’alto funzionario ha quindi avanzato l’ipotesi di accusare la società californiana per “crimini di guerra” davanti ai tribunali internazionali competenti: “Tollerare la propaganda inneggiante a crimini di guerra integra gli estremi della complicità nei crimini stessi. Per tale condotta, i vertici di Facebook meritano di essere giudicati dagli organi incaricati di sanzionare le gravi violazioni del diritto internazionale. Le Nazioni Unite non devono avere alcun timore nel presentare ai principali tribunali internazionali una formale incriminazione a carico del social network.”

I responsabili della società fondata da Mark Zuckerberg non hanno ancora risposto nel merito alle critiche avanzate da Al-Hussein. Tuttavia, Sheryl Sandberg, direttore operativo di Facebook, ha ribadito la volontà dell’azienda di “combattere i fautori dell’odio” e di “rafforzare la vigilanza” riguardo ai post dai toni intolleranti. La Sandberg ha assicurato: “Abbiamo già incrementato i controlli diretti a individuare tempestivamente messaggi che incitano all’odio razziale e alla guerra.

C’è ancora molto lavoro da fare, ma siamo sulla strada giusta.” Dopo le polemiche seguite allo “scandalo Cambridge Analytica, adesso Facebook deve fronteggiare accuse rivolte dall’organismo rappresentativo dell’intera comunità internazionale.

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