«Genocidio intenzionale», «crimini contro l'umanità» e «crimini di guerra». Sono le accuse per le quali le Nazioni Unite hanno chiesto alla giustizia internazionale di perseguire il capo dell'esercito del Myanmar e altri cinque alti comandanti militari che hanno agito contro la minoranza musulmana dei Rohingya. «I principali generali birmani, tra cui il comandante in capo Min Aung Hlaing, devono essere indagati e perseguiti per genocidio nel nord dello Stato di Rakhine, come pure per crimini contro l'umanità e crimini di guerra negli Stati di Rakhine, Kachin e Shan», si legge nel rapporto della Missione del Consiglio per i diritti umani dell'Onu, istituito per l'accertamento dei fatti accaduti in Myanmar l'anno scorso.
I militanti Rohingya hanno sferrato attacchi alla polizia birmana il 25 agosto dell'anno scorso, causando una sanguinosa repressione nello Stato di Rakhine: circa 7mila membri di questa minoranza sono stati uccisi nel primo mese di violenze, secondo Medici Senza Frontiere. I profughi sono scappati in Bangladesh a piedi o su fragili imbarcazioni e in molti hanno raccontato storie raccapriccianti di violenza sessuale, tortura e villaggi bruciati. Le autorità birmane, secondo le quali l'esercito ha colpito solo gli insorti, hanno fatto un accordo con il Bangladesh per rimpatriare i profughi, ma solo pochi di loro sono tornati a casa. I leader Rohingya hanno chiarito che l'esilio non finirà, finché la loro sicurezza in patria non verrà garantita. La leader del Myanmar, la premio Nobel per la Pace, Aung San Suu Kyi, ha sempre rifiutato di condannare le violenze contro la minoranza musulmana. E non a caso il rapporto Onu mette anche la leader birmana sul banco degli imputati. «Non ha usato la sua posizione di capo del governo de facto, né la sua autorità morale, per contrastare o impedire gli eventi nello stato di Rakhine» contro la minoranza musulmana.
Nelle scorse ore, il social network Facebook ha annunciato la rimozione di decine di account e pagine create in Myanmar, compresa una associata a Min Aung Hlaing, il comandante in capo delle forze armate.
Citando la pubblicazione del rapporto Onu, il colosso di Mark Zuckerberg ha spiegato di agire per «prevenire che l'uso del nostro servizio infiammi ancora di più le tensioni etniche e religiose» in Myanmar. In totale, sono 18 gli account e 52 le pagine Facebook rimosse, oltre ad un account Instagram, perché associati con individui e organizzazioni che «hanno commesso o consentito gravi abusi dei diritti umani nel Paese».
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