Nell'ottobre 2017, le accuse di crimini sessuali contro il magnate del cinema Harvey Weinstein innescarono uno tsunami - mediatico e giudiziario - contro uomini provenienti da ogni angolo della società americana, accusati, anche a decenni di distanza, di presunti abusi sessuali commessi ai danni di altrettante donne del mondo dello spettacolo e non. Era la "rivoluzione" #MeToo, sponsorizzata da tutto il mondo progressista, da Hollywood stessa e dalle università più rinomate e prestigiose come Harvard. E ora è proprio l'università che ha avuto fra i suoi studenti Franklin Delano Roosevelt, John Fitzgerald Kennedy e Mark Zuckerberg a finire nella gogna innescata dal #MeToo. L'ex studentessa Lilia Kilburn, insieme altre due ex studentesse, hanno intentato una causa presso il tribunale federale di Boston contro l'Università di Harvard, accusando l'ateneo sia di aver ignorato le accuse secondo cui il professor John Comaroff, un rispettato antropologo ed esperto di Sud Africa, ha molestato sessualmente studenti per anni, sia di avergli permesso di intimidire gli studenti minacciando le loro carriere accademiche se lo avessero denunciato. Un'accusa gravissima, che rischia di macchiare quanto fatto dall'ateneo per sostenere le battaglie femministe del #MeToo.
Harvard nella gogna dal #MeToo
Come spiega il New York Times, Lilia Kilburn racconta di essere arrivata in bicicletta all'ateneo e di aver provato un certo disagio quando Comaroff le ha fatto i complimenti per il suo casco. In un'intervista ha poi raccontato di essere stata baciata in bocca durante un'altra un'altra visita al campus universitario. Così Kilburn ha provato a far credere al docente di essere lesbica, per sviare l'attenzione. Comaroff avrebbe detto, con un tono quasi divertito, che in alcuni Stati africani una studentessa lesbica avrebbe potuto essere vittima di uno "stupro di gruppo" o addirittura essere uccisa. Gli avvocati del professor Comaroff hanno prontamente contestato le accuse. "Il professor Comaroff nega categoricamente di aver mai molestato qualsiasi studente", hanno affermato in risposta alla denuncia. "Non ha baciato o toccato la signora Kilburn in modo inappropriato", si legge nella dichiarazione, e i suoi commenti sullo stupro erano "consigli" su come rimanere al sicuro in un ipotetico viaggio in Camerun, stato che "criminalizza l'omosessualità".
Le accuse dividono l'ateneo
Tuttavia, da più di un anno il docente africanista è accusato di molestie sessuali da alcune studentesse dell'ateneo, come riportato da The Harvard Crimson, il giornale studentesco, e dal Chronicle of Higher Education. L'Università ha ritenuto responsabile il professore di una condotta verbale inappropriata ma non ha trovato prove circa le presunte accuse di molestie sessuali. È stato posto in congedo amministrativo almeno per il semestre primaverile e gli è stato impedito di insegnare ai corsi obbligatori almeno per l'anno accademico successivo. La polemica ha diviso la facoltà. Nei giorni scorsi, più di 90 accademici di Harvard e di altre università del mondo hanno firmato lettere aperte difendendo il suo carattere ed esaltando la sua reputazione: fra questi vi sono accademici di spicco come Paul Farmer, un medico e antropologo noto per il suo lavoro ad Haiti dopo il terremoto del 2010; Henry Louis Gates Jr., professore e direttore dell'Hutchins Center for African & African American Research; Stephen Greenblatt, studioso di Shakespeare; Jill Lepore, una storica; e Randall Kennedy, un noto professore di legge. Comaroff non sarebbe la prima vittima del #MeToo ad Harvard: nell'estate 2019 l'ateneo aveva epurato Ronald S. Sullivan Jr., professore presso l’Harvard Law School, colpevole banalmente di aver fatto il suo lavoro, ovvero di essere uno degli avvocati del produttore hollywoodiano Harvey Weinstein. Nemmeno il fatto di aver pubblicamente sostenuto, nel 2008, il suo ex allievo e allora senatore Barack Obama diventando il suo braccio destro sulla giustizia penale, lo ha salvato dalle dimissioni.
L'Università vittima del Titolo IX
Come ricorda il Nyt, l'Università di Harvard non è l'unica alle prese con questo tipo di scandali. Ai sensi del titolo IX, la legge federale sull'istruzione che vieta la discriminazione sessuale, le università devono indagare e determinare cosa è successo quando viene presentata una denuncia, un compito non sempre facile. Docenti e studenti sono spesso insoddisfatti, perché l'enfasi sulla riservatezza porta a una mancanza di trasparenza nelle indagini.
È inoltre un'arma a doppio taglio che rovescia in qualche modo il concetto di diritto stesso: la persona sotto accusa deve dimostrare la sua innocenza, e non il contrario. C'è infatti una sorta di obbligo a credere alla versione delle presunte vittime e finché la persona non dimostra la sua innocenza, viene ritenuto colpevole.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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