È bastato un "no", a pochi mesi da un referendum che deciderà la sorte futura della Turchia, perché persino un premio Nobel venisse messo a tacere. Non dal governo, non direttamente almeno - a quanto si sa al momento - ma da una forma di auto-censura che per molti dei media che hanno finora evitato le ire di Erdoğan è diventata consuetudine.
È di Orhan Pamuk che stiamo parlando, e del quotidiano Hürriyet, tra i più noti del Paese e uno dei pochi ad avere un'edizione in lingua inglese. L'oggetto del contendere è un'intervista, rilasciata dall'autore che undici anni fa ottenne il premio Nobel per la letteratura, e mai pubblicata dal giornale.
Un botta e risposta in cui lo scrittore - intervistato pochi giorni fa dal Giornale - diceva chiaramente la sua intenzione di votare "no" alla consultazione di aprile, quella in cui i turchi si vedranno chiedere se vogliono continuare a vivere nella repubblica parlamentare che hanno conosciuto finora o piuttosto passare a un presidenzialismo, retto dall'uomo che ha guidato il Paese nell'ultimo decennio, protagonista da luglio di una stretta che ha portato a centinaia di migliaia di licenziamenti, detenzioni e arresti.
Che l'intervista ci sia stata, e che non sia stata pubblicata lunedì, come doveva invece essere, è stato confermato dallo stesso Pamuk a Susma ("Silenzio", o "Non tacere" in turco), piattaforma che si occupa di censura mediatica.
Il quotidiano Hürriyet è di proprietà della holding Doğan, tra le più grandi del Paese.
La stessa dell'emittente Kanal D, che ha licenziato il presentatore İrfan Değirmenci per avere dichiarato la sua intenzione di votare "no" sui social media. La stessa che ha lasciato a casa l'editorialista Hakan Çelenk, del quotidiano Posta, che alla Cnn Türk aveva espresso le sue perplessità sul presidenzialismo.Twitter: @ACortellari
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