La purga colpisce Cumhuriyet, quotidiano della Turchia laica

Arresti e mandati d'arresto contro i giornalisti. L'accusa: legami con Gulen e Pkk

Protesta davanti agli uffici di Cumhuriyet dopo il blitz contro il quotidiano
Protesta davanti agli uffici di Cumhuriyet dopo il blitz contro il quotidiano

Un altro colpo alla libertà di stampa è stato assestato questa mattina in Turchia, dove è stata emessa una serie di mandati d'arresto contro il quotidiano Cumhuriyet. In arresto il direttore Murat Sabuncu e il cronista Guray Oz, insieme ad altri 11, ancora ricercati l'editore Akin Atalay e il giornalista Nebil Özgentürk, che secondo la stampa locale si trovano al momento entrambi all'estero.

Un'operazione la cui importanza è impossibile da sottovalutare, con la quale le istituzioni hanno preso di mira quella che è la più autorevole voce d'opposizione, tradizionalmente su posizioni di centro-sinistra e che - tra molte vicissitudini - è in attività dal 1924, quando la repubblica turca da cui prende il nome (che proprio "Repubblica" significa Cumhuriyet) era ancora assai giovane.

I problemi del quotidiano non sono una novità, ricorda sul suo blog Michael Daventry, giornalista esperto del Paese. Molte volte il quotidiano fu chiuso dopo il colpo di Stato del 1980, un momento cruciale nella storia moderna della Turchia e sono ora 15 i mandati di arresto - la maggior parte già eseguiti - per giornalisti e dirigenti (ma pure per il direttore della contabilità) del foglio, che se tira ad oggi solo 50mila copie al giorno, è rimasto però centrale e prestigioso, per la sua linea d'opposizione e per una serie d'inchieste condotte negli anni.

Proprio dalle colonne del Cumhuriyet partì negli scorsi anni una pesante accusa alle istituzioni turche, quando il quotidiano pubblicò uno scoop su carichi d'armi che dalla Turchia passavano il confine siriano, con il sospetto che da lì potessero finire nelle mani del sedicente Stato islamico, ma di certo a gruppi ribelli in armi contro Bashar al-Assad.

Un lavoro per cui l'allora direttore, Can Dundar, e il capo-redattore da Ankara, Erdem Gul trascorsero diversi mesi in carcere. Ora un nuovo mandato d'arresto è stato spiccato contro l'ex direttore, che si trova anch'egli all'estero, dopo avere rischiato la vita in un attentato a maggio.

"Lavorare mai così difficile"

"Faccio questo mestiere da 35 anni ma non è mai stato così difficile", aveva detto a luglio Dundar al Giornale, a pochi giorni dal fallito colpo di Stato contro il presidente Erdogan. "La repressione sarà durissima - aveva aggiunto - e i diritti della popolazione, a cominciare dai media, ancora più ristretti di prima". Questa mattina poche parole, affidate al suo profilo twitter: "Danno l'assalto all'ultima fortezza".

Oltre agli arresti e ai mandati d'arresto spiccati in Turchia, anche perquisizioni a nomi legati al quotidiano: in casa dello scrittore Hikmet Cetinkaya, dell'editorialista Kadri Gursel, firma anche del sito Al Monitor e rappresentante dell'International Press Institute (IPI) per la Turchia, e del caricaturista ed editorialista Musa Kart. "Il fatto che fermino un fumettista - ha commentato Kart - mostra la gravità della situazione in cui ci troviamo".

Anche l'editorialista Aydin Engin è finito in manette questa mattina. E se l'accusa della procura contro il Cumhuriyet è quella di legami con il Pkk e con l'organizzazione di Gulen, lui ironicamente ribatte: "Che io lavori per questo quotidiano non è una ragione sufficiente?".

Sono 105, a oggi, i giornalisti in carcere in Turchia, oltre duemila quelli che hanno perso il lavoro in una dura repressione dopo il fallito golpe del 15 luglio, che ha preso di mira prevalentemente (ma non solo) media legati a Fethullah Gulen, come lo Zaman, o accusati di sostenere i curdi del Pkk. Centosettanta le testate chiuse negli ultimi mesi.

"Il golpe colpisce di nuovo l'opposizione", titolava questa mattina Cumhuriyet, in una prima pagina che non poteva essere più azzeccata. Solo due parole per il titolo di domani: "Teslim olmayız", non ci arrendiamo.

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