Negli alti livelli delle forze armate e della rete di sicurezza russe sale la preoccupazione di pagare un alto prezzo per i propri insuccessi nel conseguire gli obiettivi prefissati con troppo ottimismo nella guerra in Ucraina. L'intelligence britannica, che pubblica regolarmente propri aggiornamenti sugli sviluppi del conflitto, delinea un quadro di crescenti difficoltà nella catena di comando. La causa andrebbe rintracciata nella consapevolezza dell'attenzione sempre più febbrile che il Cremlino riserva alle responsabilità degli ufficiali: nelle ultime settimane non solo sono cadute diverse teste eccellenti, ma abbiamo assistito all'esautoramento dei servizi d'intelligence Fsb in favore di quelli militari del Gru, che su ordine di Vladimir Putin hanno preso il controllo della gestione delle operazioni in Ucraina. In questo contesto, tende a prevalere una «cultura dell'insabbiamento»: gli ufficiali finiscono col dedicare sempre più tempo a evitare responsabilità personali per i fallimenti sul campo. In pratica, si limitano le iniziative rinviando le decisioni ai comandi superiori, con la logica conseguenza di un rallentamento generale e di una difficoltà ad agire concordemente.
Tra i pezzi grossi rimossi di recente, spiccano due nomi. Quello del generale Sergei Kisel, che era al comando della prima unità delle Guardie carriste lanciate da Putin alla conquista di Kharkiv, la seconda maggiore città dell'Ucraina che ha una maggioranza di popolazione russofona e sorge a soli 40 chilometri dalla frontiera con la Russia: un obiettivo che, per queste due ragioni combinate, veniva considerato piuttosto facile da conseguire dai vertici politici e militari di Mosca, e che invece non solo è stato mancato, ma è stato sostituito nei notiziari da una controffensiva ucraina che ha costretto gli invasori a retrocedere. Il vice ammiraglio Igor Osipov è stato invece esautorato per il disastro dell'incrociatore «Moskva», la nave più importante della flotta russa schierata nel Mar Nero per partecipare alla presa di Odessa. Osipov comandava questa flotta, ed è piuttosto ovvio che sia stato rimosso: la «Moskva» era uno dei gioielli della Marina militare russa, e il suo affondamento per mano degli ucraini resterà come un'onta incancellabile.
L'analisi britannica sottolinea anche la posizione incerta dello stesso capo di stato maggiore russo Valery Gerasimov (nella foto), che non è stato presente lo scorso 9 maggio ai solenni festeggiamenti per il Giorno della vittoria a Mosca. Un'assenza clamorosa che nessuno ha spiegato, lasciando ampi spazi a congetture «cremlinologiche» tipiche del passato sovietico che per molti versi Putin rimpiange: c'è chi ritiene che davvero Gerasimov possa essere rimasto ferito sul fronte ucraino, ma non può essere esclusa una sua caduta in disgrazia agli occhi del dittatore, il che non implica necessariamente un esautoramento. Del resto, anche il responsabile esteri dell'Fsb, Sergei Beseda, che era stato arrestato in aprile perché sospettato di doppio gioco con gli americani, è ricomparso in funzioni pubbliche ai primi di maggio come se nulla fosse: una vecchia tattica da Kgb, per negare che esistano fazioni contrapposte nell'intelligence russa, messaggio che Putin vuole assolutamente far passare all'esterno.
La situazione che si è creata sul campo in Ucraina fa comunque sì che i nuovi vertici che rimpiazzano gli esautorati abbiano concretissime ragioni per essere molto prudenti. Anche perché Putin ha la pessima abitudine di voler interferire personalmente con le scelte militari anche a livelli non di alto comando, il che complica parecchio le cose per chi deve prendere decisioni. In questo contesto, l'intelligence britannica prevede nelle prossime settimane uno stallo sul fronte del Donbass, con modesti avanzamenti russi: ieri è stata colpita in modo particolare Severodonetsk, il cui governo regionale ucraino denuncia «bombardamenti casuali sulla città», con 12 morti e 40 feriti.
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