La Corte penale internazionale, con sede all’Aia, ha deciso ultimamente di processare per crimini di guerra e crimini contro l’umanità il “distruttore di Timbuctu”, Al Hassan Ag Abdoul Aziz Ag Mohamed Ag Mahmoud.
I giudici dell’ufficio per l'udienza preliminare, riporta l’emittente Usa Voice of America, hanno infatti accolto la tesi del procuratore generale Fatou Bensouda. Costei aveva sollecitato un procedimento ai danni del cittadino maliano, presente in Olanda sotto custodia cautelare dal marzo del 2018, sostenendo finora che questi sarebbe stato una figura di spicco di Al Qaida nell’Africa nordoccidentale. In particolare, la pubblica accusa aveva rinfacciato ad Al Hassan di essere stato a capo di Ansar Dine, sigla islamista attiva in Mali e legata alla rete terroristica di bin Laden, e di avere dato vita a una ribellione contro il governo di Bamako.
Il presunto jihadista avrebbe quindi messo su, dall’aprile del 2012 al gennaio del 2013, un brutale regime poliziesco fondato sulla sharia nella regione sahariana di quel Paese africano. Lì, il soggetto incriminato avrebbe promosso violenze indicibili contro la popolazione e i monumenti antichi, ordinando torture e stupri verso i civili e decidendo la distruzione di numerose vestigia di Timbuctu. Le argomentazioni del procuratore si fondano su una “confessione” dello stesso indiziato, che avrebbe appunto ammesso i rispettivi crimini mentre era detenuto in una prigione della sua nazione di origine.
Nella recente nota con cui i giudici della Corte penale internazionale hanno comunicato il via libera al processo ai danni del cittadino maliano si specifica che gli accertamenti effettuati dal procuratore Bensouda avrebbero fatto emergere “elementi cruciali circa la colpevolezza di Al Hassan”. Tuttavia, lo stesso documento ufficiale non indica la data in cui si celebrerà la prima udienza del procedimento contro il presunto jihadista.
Melinda Taylor, avvocato di quest’ultimo, ha finora ribattuto gli argomenti della pubblica accusa affermando che la tesi del procuratore generale si baserebbe su un’ammissione di colpevolezza “estorta con la forza” ad Al Hassan. Ad avviso del legale, l’indiziato, nel periodo della sua detenzione in una località segreta del Mali, sarebbe stato sottoposto dalle autorità locali a “torture” e ad altre pesanti violazioni dei diritti umani, al fine di costringerlo a confessare violenze che, in realtà, egli non avrebbe affatto commesso.
Prima del cittadino maliano, un altro soggetto è stato sottoposto a procedimento penale da parte della Corte dell’Aia per crimini perpetrati a Timbuctu.
Nel 2016, Ahmad Al Faqi Al Mahdi, anch’egli esponente di Ansar Dine, è stato infatti condannato a nove anni di reclusione per avere assaltato alcuni monumenti dell’antica città nel deserto, malgrado si fosse dichiarato, davanti ai giudici del tribunale internazionale, “pentito” e avesse invocato la clemenza dell’organo giudiziario globale.
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