Se qualche mese fa si rincorrevano le voci su un possibile passo indietro di Mosca sul sostegno ad Assad, oggi queste voci sembrano smentite proprio dai protagonisti della diplomazia russa, che in questi giorni sono al lavoro per trovare una soluzione politica alla crisi che va avanti dal 2011. Dopo le dichiarazioni di Obama in questo senso infatti, sia l’incontro a Damasco tra il ministro degli Esteri siriano al-Moallem e il vice ministro degli Esteri russo Michail Bogdanov, incentrato sullo sviluppo della cooperazione bilaterale sui temi di interesse condiviso e sulla lotta al terrorismo, sia le dichiarazioni di Assad nella lunga intervista rilasciata alla tv libanese legata ad Hezbollah, Al Manar, hanno contraddetto la tesi occidentale secondo la quale Mosca e Teheran sarebbero stati pronti a voltare le spalle al presidente siriano.
Il supporto di Mosca al governo di Damasco inoltre, è stato riaffermato pochi giorni fa dal ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov. In risposta, probabilmente, alla presentazione del nuovo piano per la transizione politica e la lotta al terrorismo nel Paese, sottoposto al governo e all’opposizione siriana dall’inviato speciale dell'Onu per la Siria, Staffan De Mistura. Il documento messo a punto dal diplomatico italo-svedese infatti, prevede una road map articolata in tre fasi, che si concluderebbe con nuove elezioni sotto il controllo dalle Nazioni Unite, in cui il presidente siriano avrebbe un ruolo più che marginale. Lavrov, al contrario, ha fatto sapere che, in vista di Ginevra-3, la condizione che prevede la deposizione di Assad come prerogativa dei colloqui di pace, risulta inaccettabile per Mosca. Che Assad rimanga in carica inoltre, per il capo della diplomazia russa, resta un presupposto essenziale per rendere efficace la lotta al terrorismo nella regione.
In realtà, dunque, “le proposte russe per risolvere la crisi siriana non sono cambiate di molto” spiega il Dott. Gumer Isaev, capo del centro di ricerca sul Medio Oriente dell’Università di San Pietroburgo e direttore del centro studi russo-turchi di Istanbul, “e consistono nel fermare la guerra civile in Siria e avviare i negoziati per la creazione di un governo di salvezza nazionale, con i rappresentanti del governo di Assad che devono restare in carica e prendere parte al percorso politico post-conflitto”. “La novità”, spiega il ricercatore, “è il coinvolgimento dei diversi gruppi siriani di opposizione voluto dalla Russia per la lotta allo Stato Islamico”. Se il blocco occidentale è legato infatti, alla Coalizione nazionale siriana di Khaled Khoja, vicina ai Fratelli Musulmani, che vorrebbe la deposizione di Assad, il leader dell’opposizione interna Haytham Manna, al contrario, è sempre più vicino a Mosca, convergendo con la Russia in particolare sugli sforzi per la lotta all’Isis in Siria e per una soluzione politica e non militare del conflitto.
Coinvolgere “un ampio ventaglio di forze di opposizione su una piattaforma di dialogo costruttivo con il governo”, è un “requisito fondamentale” nel quadro della ripresa dei colloqui di pace a Ginevra, ha affermato infatti lo stesso Lavrov di fronte alla platea di studenti dell’istituto di Relazioni Internazionali di Mosca pochi giorni fa. “Il ministro degli Esteri russo ha incontrato i membri dell’opposizione siriana a Mosca”, spiega Isaev, “perché la Russia ha interesse a trovare una soluzione al conflitto durante i colloqui di Ginevra-3 e mostra per questo una posizione flessibile ascoltando i rappresentanti di ambo le parti e mantenendo aperto il dialogo con importanti Paesi coinvolti come la Turchia, l’Arabia Saudita, la Giordania, l’Iran”. “La posizione russa resta anche molto vicina a quella iraniana: entrambi i Paesi non vogliono perdere le loro posizioni in Siria e sosterranno per questo Assad” spiega il direttore del centro di ricerca russo-turco. L’Iran, che di recente ha presentato alle Nazioni Unite un suo piano di pace articolato in quattro punti – cessate il fuoco immediato, formazione di un governo di unità nazionale, riforme costituzionali per la tutela delle minoranze e nuove elezioni - per la soluzione della crisi siriana, resta infatti un "alleato vitale per Damasco”.
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