Da due giorni l'aviazione russa ha iniziato a bombardare obiettivi in Siria, dando il via ufficialmente a un'operazione che preparava da tempo, a sostegno del regime di Bashar al-Assad. Una campagna che è appena iniziata, ma non senza una strategia per uscirne.
A dirlo è Alexei Pushkov, il presidente della Commissione Esteri della Duma, la Camera bassa di Mosca, che riconosce che esiste sempre "il rischio di rimanere impantanati" e per questa ragione anticipa che i raid dei caccia russi - questa al momento la previsione - dureranno tra i tre e i quattro mesi.
La campagna aerea a sostegno del regime di Damasco ha aggiunto un elemento alla già complicata guerra civile siriana. I caccia stanno martellando aree specifiche, nel tentativo innanzitutto di rafforzare la tenuta dell'area costiera, dove le forze lealiste sono più forti e dove, a Tartous, c'è un posto navale di Mosca.
L'impegno di Mosca preoccupa però la coalizione internazionale, convinta - ma da Mosca negano - che nel mirino dei russi siano finiti obiettivi dell'opposizione non-islamista. Il ministro degli Esteri, Sergey Lavrov, ha tuttavia detto ieri alla stampa che non considera terrorista l'Esercito siriano libero, ma "coloro che sono designati come tali da Nazioni Unite e dal sistema legale russo".
Isis e "ribelli moderati"
Le rassicurazioni non bastano a chi, in Siria, vorrebbe vedere la caduta di Assad. Oggi il presidente russo Vladimir Putin vedrà a Parigi sia François Hollande che Angela Merkel, per colloqui che non potranno non vertere anche sulla questione siriana, prima del vertice sull'Ucraina tra i Paesi di Minsk, che comprende appunto Russia, Ucraina, Francia e Germania.
La Turchia, che ha sempre considerato Assad il nemico da eliminare, salvo nelle ultime settimane ammorbidire la propria posizione, ha espresso "forte preoccupazione" per i raid aerei, in una dichiarazione a cui si sono associati anche gli altri Paesi impegnati contro l'Isis dietro agli Stati Uniti. Gli alleati scrivono che "gli attacchi su Hama, Homs e Idlib hanno causato vittime sui civili e non hanno colpito Daesh".
Secondo quanto sostengono funzionari americani, si discute in queste ore anche della possibilità di "difendere" i ribelli vicini alle posizioni americane dagli attacchi. Alla Difesa tuttavia la cautela è massima. Peter Cook, portavoce del Pentagono, dice che gli Stati Uniti hanno "la responsabilità di proteggerli", ma su cosa questo significhi nella pratica non è disposto a dire altro.
E sono ancora fonti della Difesa a dire al Daily Beast "non apriremo il fuoco sugli aerei russi. Non colpiremo le basi dell'aviazione e non daremo ai ribelli arme anti-aeree".
I cieli affollati della Siria
I caccia di Mosca hanno bombardato Qaryatain, un centinaio di chilometri a nord-est di Damasco. Qui l'Isis ha una presenza stabile e qui, ad agosto, fu distrutto il monastero del V secolo di Mar Elian. La comunità cristiana locale, di cui fa parte anche padre Jacques Murad, sarebbe stata costretta a firmare un "accordo" con i jihadisti per avere salva la vita. Nel mirino anche la capitale de facto, Raqqa.
Questa mattina Washington e Mosca hanno avuto un primo colloquio video per discutere di come portare avanti le
operazioni aeree in Siria. Con la Russia e la coalizione entrambe attive nei cieli di Damasco il rischio di pericoli per i piloti non è da sottovalutare e alcuni giorni fa le parti si erano accordate per discutere della questione.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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