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"Macaronì", "Les italians": i francesi contro i nostri operai all'estero

Lo stabilimento Stellantis (ex Fiat) di Noidans-les-Vesoul, comune francese situato nel dipartimento dell'Alta Saona ospiterà circa 200 operai metalmeccanici provenienti da Melfi e Pomigliano d’Arco. Torna l'esodo dei lavoratori italiani

"Macaronì", "Les italians": i francesi contro i nostri operai all'estero

Sembra di fare un salto indietro nel tempo, quando gli italiani emigravano verso gli altri Paesi europei in cerca di lavoro e di maggiore fortuna. In Belgio, dove moltissimi erano finiti a lavorare nelle miniere, i nostri connazionali venivano chiamati con disprezzo macaronì, epiteto che prende il nome dalla pasta che gli italiani mangiavano e che i belgi non conoscevano. Qui invece siamo in Francia e li chiamano semplicemente les italians. Come riportato dal quotidiano La Nazione, fino al 31 dicembre, in alcuni casi addirittura fino a giugno, lo stabilimento Stellantis (ex Fiat) di Noidans-les-Vesoul, comune francese situato nel dipartimento dell'Alta Saona nella regione della Borgogna-Franca Contea, ospiterà circa 200 operai metalmeccanici provenienti da Melfi e Pomigliano d’Arco. Le condizioni di lavoro in Francia sono un compenso per vitto e alloggio, ma nessun bonus specifico. Possono tornare a casa ogni 45 giorni e lo stipendio è lo stesso: i sindacati parlano apertamente di "ricatto".

Come scrive la stampa francese, les italiens "in città si riconoscono dai vestiti invernali come se stessero sciando, cappello all'altezza delle orecchie, grande piumino chiuso fino al mento". Dopo il lavoro, "questi italiani di Melfi e Pomigliano vicino a Napoli si incontrano alla Bella Vita, una pizzeria gestita da un italiano che fa loro da interprete e che è diventata il fulcro di buoni affari per trovare un alloggio economico". No, non siamo negli Anni '20 del secolo scorso ma nel 2021, anche se il tempo sembra essersi fermato.

Da Pomigliano a Vesoul: 200 operai "delocalizzati" in Francia

Come riporta France Info, il gruppo automobilistico, che cerca di ottimizzare la propria forza lavoro, ha offerto a 200 dipendenti italiani di percorrere 1.300 chilometri per lavorare a Vesoul. Lo stabilimento dell'Alta Saona, infatti, non è così colpito dalla crisi come gli altri siti perché non produce automobili: è l'hub globale per i pezzi di ricambio e dunque il lavoro non manca. Il problema è un altro: gli italiani hanno inconsapevolmente preso il posto di 300 precari francesi, notizia che ha fatto infuriare i cugini d'oltralpe e rischia di scatenare una "guerra" fra poveri. Jean-Pierre Mercier, delegato sindacale CGT a Stellantis, ha denunciato la volontà dell'azienda di "trasformare i dipendenti in nomadi dell'industria automobilistica". Secondo il sindacalista, "il sito di Vesoul è oberato di lavoro, c'è un ritardo di produzione monumentale. Non sarà sufficiente l'arrivo dei lavoratori di Mulhouse e di Sochaux, e dei lavoratori italiani della Fiat. Soprattutto se la direzione licenzia tutti i precari".

Per Mercier, Carlos Tavares, amministratore delegato di Stellantis, "vuole dislocare in giro per l'Europa, italiani, francesi e polacchi, per guadagnarci. Vorrebbe metterci in competizione tra di noi". È una politica davvero mortale per noi dipendenti, insiste, Una "vera politica di concorrenza tra i lavoratori". L'obiettivo di Stellantis, secondo i sindacati, è aumentare ulteriormente i profitti nonostante la crisi dei semiconduttori, per abbassare i salari, con un conseguente peggioramento delle condizioni lavorative generali.

Quando gli italiani emigravano verso la Francia e gli altri Paesi europei

Esattamente come in passato, gli italiani si presentano nel Paese che li ospita con grande umiltà e voglia di lavorare. Ciro, ad esempio, racconta a France Info di essere partito a causa della "crisi" in Italia dopo essere "rimasto a lungo senza lavorare". "Anche se facciamo sacrifici per partire, almeno qui ci restituiscono un po' di dignità" spiega. I siti produttivi vengono chiusi per mancanza di semiconduttori e le giornate in cui non si lavora non vengono pagate. "In Italia i siti sono stati chiusi per molto tempo. Lì lavoravamo due o tre giorni alla settimana" racconta un altro operaio approdato in Francia. A Vesoul gli italiani lavorano come magazzinieri, preparano gli ordini. Domenico si è dovuto adattare alle nuove mansioni: "Siamo pronti a tutto. Da 1.300 chilometri, anche per fare un altro lavoro. L'importante è poter sfamare i nostri figli e vivere, semplicemente", spiega.

Circostanze che ricordano da vicino l'emigrazione italiana del Novecento e fine Ottocento. Come ricorda l'enciclopedia Treccani, fra il 1880 e 1900 in Europa la meta preferita dell'emigrazione italiana fu la Francia, seguita da Austria, Germania e Svizzera, oltre al Sud America e agli Stati Uniti. La Francia divenne la meta preferita degli italiani anche nel decennio 1920-30, anche se con il fascismo il fenomeno migratorio si ridusse drasticamente (e riprese nel secondo dopoguerra).

I numeri erano importanti: basti pensare che all'inizio degli anni '30 erano più di 800.000 i nostri connazionali in terra francese. Molti arrivavano dal nord Italia, in particolare dal Piemonte ma anche da regioni come la Toscana. E ora, dopo tanti anni, nel 2021 in Francia tornano Les Italiens.

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