Strage in Siria, 100 morti. L'ombra di armi chimiche. Trump: "Assad animale"

Gli Stati Uniti accusano il regime di Damasco e la Russia. E non escludono di bombardare

Strage in Siria, 100 morti. L'ombra di armi chimiche. Trump: "Assad animale"

Assad è «un animale», dice Trump. Macchè, è un santo, replica Putin. Lo stucchevole botta e risposta tra Mosca e Washington sul massacro in scena da anni in Siria vive l'ennesima, drammatica replica nella cittadina di Duma, ultima roccaforte di miliziani anti regime a Est di Damasco. Cento i morti, stavolta, e un migliaio i feriti, molti tra i quali sono donne e bambini. Morti ammazzati dalle bombe ma soprattutto dai gas ed è più che un sospetto- che gli ordigni racchiudevano. Di «insensato attacco chimico» parla apertamente il presidente americano che in uno dei suoi tweet punta il dito contro il presidente russo Putin. «La Russia e l'Iran accusa Trump- sono responsabili per il sostegno all'animale Assad». E avverte: «Ci sarà un alto prezzo da pagare». Immediata la replica di Mosca, che d'intesa con il governo siriano nega che siano stati usati gas sui civili. Nel frattempo il consigliere della Casa Bianca per la sicurezza nazionale Tom Bossert, intervistato dalla Abc News su un altro possibile raid missilistico Usa contro la Siria, spiega che «tutte le opzioni sono sul tavolo». Toni che non sono piaciuti a Mosca: il ministero degli Esteri russo ha avvertito Washington che «un intervento militare in Siria per dei pretesti inventati sarebbe inaccettabile e potrebbe portare a conseguenze più gravi».

Parole di condanna, ammantate dalla cautela imposta dalla mancanza di prove certe, arrivano dal segretario generale dell'Onu, Antonio Guterres. Con una nota il suo portavoce, Stephane Dujarric osserva che «le Nazioni Unite non sono in grado di verificare queste segnalazioni ma Guterres ribadisce che qualsiasi uso di armi chimiche, se confermato, è ripugnante e richiede un'indagine approfondita». Dure le parole del Papa, che fa anche lui riferimento alle armi chimiche: «Non c'è una guerra buona e una guerra cattiva. Niente può giustificare l'uso di tali strumenti di sterminio contro persone e popolazioni inermi».

A rinfocolare la tensione nell'area della Ghouta orientale è la presenza degli ultimi ribelli anti-Assad. Che avevano chiesto di poter lasciare pacificamente la città. Di parere contrario l'ala dura dei ribelli, gli oltranzisti di Jaish al-Islam. Di qui la brutale reazione di Damasco. Che sembra aver vinto la partita, visto che ora si parla di un accordo in base al quale Damasco rilascerebbe un certo numero di prigionieri in cambio dell'evacuazione da Duma dei ribelli di Jaish al-Islam in direzione di Jarablus in capo a due giorni.

È, o almeno sembra, il trionfo definitivo di Assad, che si è assicurato la sopravvivenza politica e scongiurato un suo deferimento per crimini di guerra accettando nell'incontro di Ankara del 4 aprile scorso- di consegnare il suo destino e quello della Siria al triumvirato formato da Russia, Iran e Turchia: le tre potenze che ormai dettano le regole del gioco nell'area, anche se è un gioco che non piace al presidente Trump.

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