Il parlamento tedesco ha ultimamente approvato una legge, promossa dal governo Merkel, che inasprisce l’ordinamento nazionale in materia di immigrazione.
La nuova normativa, ideata dall’esecutivo per favorire “rimpatri ordinati di stranieri”, è stata presentata dalla cancelliera cristiano-democratica come uno strumento diretto a ripristinare “legalità e sicurezza” in ambito migratorio. Dopo qualche perplessità iniziale, i deputati Spd al Bundestag, alleati di governo della Merkel, hanno alla fine votato insieme ai membri della Cdu il pacchetto legislativo presentato dal governo.
La riforma in questione dispone innanzitutto la revoca immediata di qualsiasi prestazione sociale e sanitaria nei confronti dei richiedenti asilo che si dimostreranno “scarsamente propensi all’integrazione” e “ostili verso le autorità nazionali”. Le nuove regole, inoltre, introducono la detenzione in carcere, e non più nei centri di accoglienza per rifugiati, ai danni degli immigrati soggetti a provvedimento di espulsione. Tale reclusione nei penitenziari del Paese sarà quindi, in base al testo appena varato dal parlamento federale, “rapida e semplificata”.
Un’altra disposizione innovativa mira a rendere “estremamente complicato” per le aziende tedesche assumere manodopera straniera non-qualificata. Gli imprenditori che vorranno impiegare individui extracomunitari a basso costo dovranno infatti obbligatoriamente sottoscrivere, in via preliminare, presso le agenzie territoriali del lavoro una “voluminosa” documentazione attestante l’assenza in quel preciso momento in Germania di“competenze professionali equivalenti” a quelle riscontrate dagli stessi datori di lavoro teutonici in soggetti immigrati.
Al contrario, l’assunzione di soggetti non-autoctoni in possesso di “alta specializzazione” è gravata da minori oneri burocratici a carico delle aziende nazionali, in quanto l’esecutivo Merkel, a detta del ministro federale del Lavoro Hubertus Heil, punta ad “attrarre eccellenze dall’estero” e a preservare la manodopera autoctona poco istruita da una concorrenza straniera suscettibile di causare una “compressione del livello medio dei salari”.
Il pacchetto di riforme varato di recente dalla coalizione Cdu-Spd è stato immediatamente condannato dagli esponenti dell’estrema sinistra e dalle associazioni umanitarie. Ulla Jelpke, deputata del partito anticapitalista Die Linke, ha infatti bollato la nuova legge sull’immigrazione come “palesemente contrastante con i principi di umanità insiti nella nostra Costituzione anti-nazista”, mentre i vertici tedeschi dell’ong Amnesty International hanno etichettato le disposizioni promosse dalla Merkel come un “catalogo di atrocità”.
Le contestazioni avanzate dagli ambienti pro-migranti sono state subito ribattute dal ministro federale dell’Interno, Horst Seehofer, che ha presentato le ultime politiche sviluppate dalla cancelliera in ambito migratorio come rispondenti a un “principio di buon senso”, quello secondo cui “ogni
Stato si regge su un patto di fedeltà con la propria gente. È quindi ovvio che le autorità di un Paese trattino con un occhio di riguardo i lavoratori nazionali e li tutelino dalle insidie provenienti dall’estero”.
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