Teheran, spari e fiamme nel carcere dove è imprigionata Alessia Piperno

Almeno otto persone sono rimaste ferite nei disordini scoppiati nella prigione di Evin, a Teheran. Il carcere è tristemente famoso perché vi si trovano diversi dissidenti

Teheran, spari e fiamme nel carcere dove è imprigionata Alessia Piperno

Un incendio di grosse dimensioni è divampato nella prigione di Evin, a Teheran, dopo la rivolta di alcuni detenuti che ha interessato la sezione 7 del carcere. In questa struttura penitenziaria sono rinchiusi diversi prigionieri politici e dissidenti. Vi è rinchiusa anche l'italiana Alessia Piperno, arrestata alla fine di settembre.

Come raccontano alcuni testimoni si sono sentiti degli spari mentre alcuni gruppi di persone si sono radunate vicino alla prigione urlando slogan. I detenuti rivoltosi sono stati separati dagli altri, che sono stati fatti rientrare nelle loro celle.

La polizia ha usato gas lacrimogeni anche contro le famiglie degli attivisti e degli studenti che sono stati arrestati durante le proteste che dalla morte della giovane Mahsa Amini attraversano il paese, e che si erano radunate intorno alla prigione. Secondo l'agenzia di stampa Irna, che cita un alto funzionario della sicurezza, la situazione è al momento sotto completo controllo", ha aggiunto.

L'associazione "Articolo 19", che si batte per la libertà di espressione e informazione in Iran, su Twitter sostiene di aver "ricevuto notizie del blocco di tutte le comunicazioni con Evin, telefoni e internet". "Siamo estremamente preoccupati per la sicurezza dei prigionieri, specialmente quelli di coscienza che sono nei bracci dove l'incendio è iniziato e dove si sono uditi colpi d'arma da fuoco".

La famiglia di uno dei prigionieri politici ha riferito alla Bbc che gli agenti avrebbero chiuso tutte le strade che portano al penitenziario, impedendo a parenti e avvocati di avvicinarsi.

Carcere famoso per il trattamento ai detenuti

Nell'agosto 2021 un gruppo di hacker (Edalat-e Ali, la

giustizia di Ali) entrarono nel sistema delle telecamere di sicurezza riuscendo a catturare immagini, poi diffuse in rete, che mostravano pestaggi, molestie sessuali e persino il diniego delle cure mediche ai carcerati.

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