Trump chiede la revoca del Pulitzer ai giornali che ​indagarono sul Russiagate

A seguito della fine dell'inchiesta sul Russiagate che dimostra l'insufficienza di prove a suo carico, il Presidente Donald Trump ha chiesto la revoca del premio Pulitzer assegnato lo scorso anno al New York Times e al Washington Post per i loro articoli che evidenziavano la sua collusione con la Russia

Trump chiede la revoca del Pulitzer ai giornali che ​indagarono sul Russiagate

È un Donald Trump rinvigorito e pronto al contrattacco quello emerso dopo la fine dell'inchiesta portata avanti negli ultimi due anni dal procuratore speciale Robert Mueller, che ha sancito la sua totale estraneità nei confronti del cosiddetto Russiagate. In un tweet pubblicato ieri sera sul suo account ufficiale, Trump ha infatti puntato il dito contro il New York Times e il Washington Post, proponendo la revoca del premio Pulitzer a loro assegnato nel 2018 per i loro articoli sui presunti rapporti tra il presidente ed emissari del governo russo: "È divertente che il New York Times e il Washington Post abbiano ottenuto un Pulitzer per i loro articoli (al 100 per cento falsi e negativi) sulle mie collusioni con la Russia quando nei fatti non c'è stata nessuna collusione. Quindi o sono stati ingannati o sono semplicemente corrotti. In ogni caso i loro premi dovrebbero essere revocati dal Comitato". Ironicamente, nelle motivazioni addotte dal Comitato del Pulitzer all'epoca dell'assegnazione dei premi alle due testate, vennero particolarmente enfatizzate proprio l'approfondita ricerca delle fonti e l'incessante copertura mediatica a favore dell'interesse pubblico, sottolineando come le inchieste sul Russiagate avessero permesso di far conoscere alla nazione le connessioni sotterranee tra le autorità russe e lo staff di Donald Trump.

Tuttavia, malgrado il rapporto di Mueller evidenzi l'insufficienza di prove che possano incriminare il presidente Trump di collusione o di alto tradimento, il New York Times non ha fatto attendere una sua risposta in merito e ha subito ribattuto con un tweet in cui ribadiva la veridicità di ogni articolo scritto in merito al caso Russiagate: "Siamo orgogliosi della nostra inchiesta - vincitrice del Pulitzer - sulle interferenze russe nelle elezioni presidenziali Usa del 2016. Ogni articolo del New York Times citato si è dimostrato veritiero". Intervistata dal quotidiano Usa Today, la portavoce del giornale Eileen Murphy ha in seguito precisato: "Nessun articolo presente nella nostra inchiesta premiata con il Pulitzer è stato contestato. Difatti ciò che noi sappiamo del rapporto Mueller attraverso il riassunto fatto dal procuratore generale conferma quello che scrivemmo, cioè che la Russia lavorò attivamente per interferire nelle elezioni americane del 2016 e ci sono numerose prove che lo staff e in seguito l'amministrazione Trump abbiano avuto contatti con la Russia".

A fianco del presidente si è invece immediatamente schierato il figlio Donald Trump Jr., che retwittando il padre ha aggiunto: "Ha ragione, a meno che i premi Pulitzer non abbiano una categoria dedicata ai romanzi di finzione", ignorando però che una categoria del genere (narrativa) esiste veramente e venendo così subissato di critiche per la sua scarsa conoscenza dell'argomento.

Lo stesso Donald Trump aveva già in precedenza aspramente criticato i due giornali in questione, definendo ad esempio il New York Times "nemico del popolo" e accusando il miliardario Jeff Bezos - fondatore di Amazon e proprietario del Washington Post - di utilizzare il suo giornale come un'arma lobbistica puntata contro il Congresso degli Stati Uniti, allo scopo di impedire ai politici di prestare attenzione alla situazione di monopolio esentasse in cui secondo lui opererebbe Amazon.

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