Ha più di quaranta di storia alle spalle la rivista umoristica Gırgır, tra le più importanti pubblicate ogni settimana in Turchia, e le spalle abbastanza larghe da aver resistito fino a oggi, criticando costantemente il potere e sopravvivendo anche a un colpo di Stato, quello del 1980, che ne comportò la chiusura.
La prima chiusura, per dirla tutta. Perché ora il magazine ha chiuso di nuovo, anzi è stato chiuso di nuovo, fortemente accusato per avere pubblicato nella sua ultima edizione una vignetta giudicata irrispettosa nei confronti di Mosè, considerato un profeta nelle tre religioni monoteiste, e del popolo ebraico.
A chiudere Gırgır, questa volta, sono stati gli stessi editori, che pubblicano anche il quotidiano Sözcü e che sui social si sono scusati per avere "causato danni" e "denigrato" i valori religiosi, un tema su cui ora la magistratura ha aperto un'indagine. Gli stessi social che, a poche ore dalla decisione di chiudere la rivista e licenziare i suoi dipendenti, sono ora irraggiungibili.
"La vignetta in questione è stata aggiunta alla pubblicazione quasi in segreto, all'ultimo minuto e senza consultare gli editori", ha sostenuto l'avvocato della rivista, secondo il quale la proprietà intende rifarsi per vie legali su quanti, tra lo staff, sono responsabili per la scelta di pubblicare il disegno incriminato.
"Un fatto immorale e un crimine d'odio", questo il commento sulla vignetta del portavoce del presidente Erdoğan, İbrahim Kalın, che nulla abbia a che fare "con la libertà di stampa o di satira". Libertà di stampa che tuttavia, negli ultimi mesi, è stata messa a dura prova, tra testate chiuse, licenziamenti e un clima sempre meno facile. Di oggi la notizia del fermo di Deniz Yücel, corrispondente in Turchia della testata tedesca Die Welt.
Molti i giornalisti in carcere (sono almeno 81, secondo la stima al ribasso del Comitato per la protezione dei giornalisti) e tra di loro anche Musa Kart, caricaturista del quotidiano Cumhuriyet, arrestato con undici colleghi a fine ottobre. A stento una notizia per il disegnatore del quotidiano d'opposizione, che già nel 2005 era stato accusato di diffamazione da Erdoğan, allora primo ministro.
A luglio il numero dedicato allo sventato golpe di LeMan, un altro dei settimanali satirici pubblicati in Turchia, era stato censurato. Uno stop temporaneo che non ha impedito alla rivista di continuare a fare il suo lavoro. Sulla copertina del suo ultimo numero una critica alla televisione Kanal D, che ha licenziato un presentatore che si era espresso apertamente contro la proposta di un presidenzialismo turco, che ad aprile sarà materia di referendum.
"Molto triste che una vignetta così sia comparsa in una delle più longeve riviste umoristiche in Turchia", ha commentato sulla stampa locale Ivo Molinas,
direttore del settimanale ebraico Şalom, che sostiene una "linea rossa" sia stata superata, ma aggiunge: "Anche la chiusura della rivista è un fatto molto triste, una decisione inappropriata".Twitter: @ACortellari
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