Usa, non incriminato l'agente che uccise Brown: esplode la rabbia

Scontri nelle principali città dopo che il Gran giurì non ha incriminato l'agente che uccise il 18enne di colore. Obama: "Accettare il verdetto". L'avvocato della famiglia del ragazzo: "È il procedimento stesso che dovrebbe andare sotto processo"

Usa, non incriminato l'agente che uccise Brown: esplode la rabbia

Darren Wilson non sarà incriminato. Il Gran giurì ha deciso che nel caso del poliziotto che il 9 agosto scorso sparò e uccise il diciottenne nero Mike Brown a Ferguson, nel Missouri, non ci sono prove sufficienti per il rinvio a giudizio. E la violenza razziale è tornata a esplodere nelle strade delle principali città statunitensi. Con auto e case date alle fiamme, negozi saccheggiati, caccia agli agenti in divisa. Vicino a Saint Louis un poliziotto è rimasto ferito da un colpo di pistola. È così caduto nel nuoto l'appello del presidente Barack Obama che aveva invitato tutti gli americani a mantenere la calma.

Una decisione che si rincorreva da giorni, soprattutto dopo che il governatore dello Stato, Jay Nixon, aveva dichiarato lo stato di emergenza e allertato la Guardia nazionale, ma che ha comunque colto di sorpresa la comunità di 21mila abitanti, di cui i due terzi afroamericana. "È stata fatta un’indagine completa", ha detto il pubblico ministero Robert McCulloch nell’annunciare la scelta fatta dai dodici giurati. "Il nostro Paese è bastato sullo Stato di diritto e dobbiamo accettare il fatto che questa è stata una decisione del Gran giurì", ha detto Obama, intervenuto a sorpresa in diretta tivù per esortare ancora una volta i manifestanti a protestare pacificamente e invitando la polizia a "mostrare moderazione". "Non ci sono scuse per la violenza - ha continuato Obama - i progressi non si fanno lanciando bottiglie". Il presidente degli Stati Uniti ha, però, sottolineato come quella di Ferguson sia "una questione che riguarda tutta l’America, una questione reale". "C’è una profonda sfiducia tra la polizia e la comunità afroamericana - ha concluso - questa è l’eredità di una lunga storia di discriminazione nel nostro Paese. È necessario riconoscere come la situazione di Ferguson parla all’intero Paese e mostra le più ampie sfide che noi ancora affrontiamo come nazione". Intanto il ministro della Giustizia, Eric Holder, ha annunciato che "il dipartimento va avanti con la propria inchiesta sull’uccisione di Brown e sulle accuse alla polizia di ricorrere a presunte politiche e pratiche incostituzionali".

All’annuncio del procuratore, la famiglia Brown si è detta "profondamente delusa per il fatto che l’assassino di nostro figlio non dovrà rispondere delle sue azioni". A stretto giro sono arrivate anche le dichiarazioni dello stesso agente Wilson che, nel ringraziare coloro che gli sono stati vicini, si è scagliato contro i media dicendo che quello che avrà da dire lo dirà al momento opportuno. La decisione del Gran giurì ha subito provocato le proteste non solo a Ferguson, ma nella principali città americane. Da New York a Seattle, da Los Angeles a Chicago. E ancora: Cleveland, Oklahoma City, Oakland e Pittsburg. L'America rivive lo stesso scenario di rabbia scoppiato dopo l’uccisione di Trayvon Martin, 17enne nero freddato da una guardia volontaria il 26 febbraio di due anni fa, a Sanford, un sobborgo di Orlando, in Florida. Nonostante i ripetuti appelli alla calma, a Ferguson sono stati segnalati diversi tafferugli tra le forze dell’ordine e un gruppo di manifestanti che ha assalito un’auto vuota della polizia spaccando vetri e parabrezza. Subito sono intervenuti gli agenti in tenuta antisommossa che hanno lanciato lacrimogeni per disperdere la folla. Uno dei giornalisti della Cnn è rimasto ferito dai gas. Alcuni spari sono stati uditi nei pressi della stazione di polizia. Diverse auto sono state incendiate ed scene di razzia nei negozi si sono registrate in alcuni punti della città. E un poliziotto è stato ferito a colpi di pistola a University City, sobborgo di Saint Louis.

L'avvocato della famiglia di Mike Brown

All’indomani della decisione del gran jury, l’avvocato della famiglia dell’adolescente ucciso parla di procedimento "completamente ingiusto". E, di fronte alle diverse versioni sulla morte del ragazzo, chiede che venga approvata una legge che obblighi "ogni poliziotto in ogni città d’America a indossare una telecamera". In un’affollata conferenza stampa a Ferguson, l’avvocato Benjamin Crump ha detto di aver tentato di opporsi "strenuamente" alle modalità con le quali è stato condotto il procedimento davanti al gran jury, terminato con la decisione di non incriminare il poliziotto che ha sparato. È il procedimento stesso "che dovrebbe andare sotto processo", ha aggiunto.

Accanto a Crump c’era Al Sharpton, uno dei principali leader per i diritti civili degli afroamericani, che ha accusato il procuratore di Ferguson, Robert McCulloch, di aver cercato soltanto di screditare la vittima. "Ci avete spezzato il cuore, ma non la schiena", ha proseguito, sottolineando che gli afroamericani non si piegheranno di fronte all’ennesima ingiustizia.

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