Tra Birmania e Cina non corre buon sangue, anche se in politica estera non bisogna "mai dire mai". Proprio per questo Aung San Suu Kyi, leader dell’opposizione birmana, si è recata in visita ufficiale a Pechino, dove è stata ricevuta dal presidente e segretario del Partito comunista cinese, Xi Jinping. L’incontro si è tenuto nella sala dell’Assemblea del popolo, nella sede del parlamento cinese.
La visita di Suu Kyi è gestita dal Partito Comunista, non dal governo di Pechino, e forse anche per questo motivo le informazioni sulle attività della leader birmana vengono fornite col contagocce. Gli analisti di politica internazionale sono concordi nel ritenere che le due parti stiano cercando di trovare un terreno in comune in vista delle elezioni di novembre, dalle quali la Lega Nazionale per la Democrazia (il partito di Suu Kyi) potrebbe uscire vincitore.
La visita della Suu Kyi si può definire storica anche perché negli anni passati Pechino ha sempre sostenuto la giunta militare birmana che ha tenuto la donna agli arresti domiciliari per lunghi anni. Da tempo, però, in Birmania (che il regime ha ribattezzato Myanmar) è iniziato un graduale processo di democratizzazione, ragion per cui l'influenza della Cina è gradualmente diminuita. Tra i due paesi ci sono state, negli ultimi anni, alcune dispute territoriali. Ma i rapporti, nonostanter qualche frizione (ad esempio per i ribelli Kokang, di etnia cinese) non si sono mai rotti, anche perché la Cina, tramite la Birmania, può affacciarsi direttamente sull'Oceano Indiano, riuscendo a portare avanti la politica dei "due Oceani", che si traduce con la riduzione di tempi e costi delle importazioni provenienti da Africa e Medio Oriente.
Il governo birmano ultimamente ha avviato relazioni diplomatiche con gli Stati Uniti e i suoi alleati asiatici, fornendo alla Cina elementi di seria preoccupazione. Da qui la necessità di tentare di riannodare i fili della diplomazia con la Suu Kyi.
Citato dal Global Times di Pechino il professor Zhao Gancheng (Shanghai Institute for International Studies) ammette che "l’ideologia di San Suu Kyi è filo-occidentale per educazione, matrimonio e cultura politica. Ma questo non sarà mai un problema per la Cina". Il motivo è presto detto: "Il mondo politico della Birmania sta attraversando cambiamenti profondi e l’influenza del suo partito appare destinata a crescere" e "questo dà una forte spinta alla Cina per tenderle una mano". Anche sotto il profilo della cooperazione commerciale, Pechino spera di poter superare alcune difficoltà, tra cui lo stop del presidente Thein Sein ai lavori di realizzazione di un progetto idroelettrico da miliardi di dollari finanziato dalla Cina.
Pechino oggi è disposta a passare sopra a tutto: che la Suu Kyi abbia sfidato per anni i militari birmani, che le sia stato assegnato il Nobel per la Pace (premio detestato in Cina per i riconoscimenti tributati al Dalai Lama e al dissidente in carcere Liu Xiaobo), e soprattutto che da anni l'Occidente
la vede come un'icona della lotta per la democrazia e la libertà. Ma se in ballo ci sono gli affari e i nuovi accordi internazionali, alla fine anche a Pechino prevale lo spirito napoletano: "Scurdammoce 'o passato". ..- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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