Yemen, gli Usa fanno la voce grossa: "Iran coi ribelli. Non staremo zitti"

Da giorni il Paese è sotto le bombe della coalizione araba. L'ayatollah accusa i sauditi di genocidio. L'Onu inascoltato: "Non ci serve un'altra Siria"

Yemen, gli Usa fanno la voce grossa: "Iran coi ribelli. Non staremo zitti"

“Ciò che l’Arabia Saudita sta facendo nello Yemen è identico a ciò che Israele ha fatto in Palestina”. È un’accusa di genocidio quella che si abbatte sulla coalizione panaraba che da giorni bombarda lo Yemen per contenere le forze ribelli sciite e i lealisti dell’ex presidente Ali Abdullah Saleh. A scagliarla l’ayatollah Khamenei, massima autorità religiosa dell’Iran sciita, che nel conflitto in atto nel Paese del Golfo è parte in causa.

Una campagna di strike dal cielo appoggiata dagli Stati Uniti e condotta da un ampio gruppo di Paesi arabi fatica, nonostante le bombe che cadono su città e villaggi, a ottenere risultati tangibili in Yemen e il presidente Abd Rabbo Mansour Hadi, è fuggito da giorni.

I ribelli controllano la capitale Sana’a e la città di Aden, fino a pochi giorni fa una roccaforte governativa, e incombe lo spettro di al-Qaida che, grazie al conflitto in atto, rischia di essere l’unica fazione a guadagnare qualcosa.

Un'avvisaglia si è vista pochi giorni fa, quando i miliziani dell’Aqap hanno dato l’assalto a una prigione a Mukalla, liberando decine di prigionieri, tra i quali anche Khaled Batarfi, un comandante regionale. Oggi gli estremisti hanno messo una taglia sulle teste del leader dei ribelli houthi e dell'ex presidente Saleh.

Se gli attacchi aerei non hanno finora ottenuto l’effetto sperato, stanno certo provocando una crisi umanitaria contro cui le organizzazioni internazionali hanno messo in guardia. In un Paese che è già il più povero tra gli Stati arabi gli effetti della guerra non possono che essere disastrosi.

Dal 25 marzo i sauditi e i loro alleati fanno cadere le bombe sullo Yemen e se alcuni analisti avvertono che vedere nel conflitto in atto uno scontro tra islam sunnita e sciita è tracciare un ritratto riduttivo di quanto sta accadendo, di certo a Riyad non vedono di buon occhio la vicinanza tra i ribelli e Teheran. E pure a Washington non stanno troppo tranquilli.

Il Segretario di Stato americano, John Kerry, ha chiarito oggi che gli Stati Uniti non rimarranno in silenzio di fronte a un chiaro appoggio dei ribelli houthi e degli

uomini leali all’ex presidente Saleh da parte dell’Iran, mentre le Nazioni Unite hanno lanciato un grido finora inascoltato perché si torni a ragionare, in una regione che non ha bisogno “di una nuova Siria o una nuova Libia”.

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