Il nome di John Cornell d'acchito non vi dirà molto. Ma il regista e sceneggiatore australiano morto ieri, assieme al suo sodale di una vita, l'attore comico Paul Hogan, ha contribuito alla creazione di uno dei personaggi che più hanno caratterizzato il cinema d'intrattenimento pop degli anni Ottanta: Mr Crocodile Dundee. Questo australiano ruvido e selvaggio che si fa (o finge di farsi) la barba col coltello, era un coacervo di stereotipi sul duro dal cuore tenero, sul macho che si fa domare dalla femmina giusta, sul bifolco che si schiera sempre dalla parte del più debole. Tutti cliché così ben gestiti che Cornell, il quale partecipò alla prima sceneggiatura, sfiorò un Oscar e Paul Hogan si portò a casa un Golden Globe per la sua interpretazione. Seguì una collaborazione duratura tra Hogan e Cornell che ha portato alla creazione di altre due pellicole dedicate all'ex cacciatore di coccodrilli che indubbiamente non sono state dei capolavori, però hanno avuto un buon successo al botteghino e hanno divertito generazioni di fan.
Insomma, se esiste una commedia all'australiana, l'hanno inventata proprio Cornell e Hogan. E non ha senso chiedersi quanto e come si siano ispirati ai veri abitanti dell'Outback. Il fatto che per un certo numero di anni ci sia stata discussione su chi fosse il vero ispiratore di Mr. Crocodile Dundee è la prova che il personaggio funzionava. Con le sue battute politicamente scorrette - a partire da quella con cui neutralizza due delinquenti newyorchesi sfoderando una lama da decine di centimetri: «Quello sarebbe un coltello? Questo è un coltello!» - il cacciatore australiano riduceva in briciole molti artifici della cosiddetta società civilizzata. Tutta un'altra pasta rispetto a Indiana Jones che alla fine è l'archeologo colto che per necessità ha imparato a menare le mani, Crocodile Dundee semmai rimpiangeva che gli abitanti di New York fossero meno ragionevoli dei bufali.
Guardata con il senno del poi, la trilogia del Tarzan venuto dal continente perduto mostra tutti i segni del tempo, a partire dal finto coccodrillo da 45mila dollari usato per le scene in cui l'eroe salva la bella giornalista (Hogan avrebbe preferito un rettile vero, ma lo fecero desistere). Sono però la traccia di una action comedy molto artigianale che oggi, quando ogni cosa in una produzione viene pesata con il bilancino, non avrebbe luogo a procedere. Sicuramente qualcuno avrebbe da ridire sui ruoli femminili stereotipati, su un certo machismo ironico e buttato in burla che però oggi irriterebbe. Persino l'amicizia con gli aborigeni (come avviene nel secondo film) rischierebbe di finire sotto accusa per svariati stereotipi razziali... Forse interverrebbe persino il Wwf (la famosa scena del bufalo vide l'animale molto recalcitrante e venne rigirata per un'intera giornata). E di certo non si candiderebbe a un Oscar per la sceneggiatura.
Epoche diverse, sensibilità diverse. E da tempo la piccola famiglia che diede vita alla saga (Cornell e Hogan erano legatissimi e Hogan sposò la sua coprotagonista Linda Kozlowski) è finita ai margini del mondo cinematografico. Inoltre Cornell dal 2001 lottava con il morbo di Parkinson.
Sta di fatto che quel certo spontaneismo capace di scherzare con gli stereotipi e di vedere un modello nell'uomo del popolo - Crocodile Dundee è un eroe da bar australiano e quello è il suo ambiente naturale - oggi verrebbe chiamato «populismo» e non lo si sdoganerebbe per la sua forza comica sul «grande cacciatore bianco».
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