Morto sul lavoro, il pm: «Esselunga risparmiò in sicurezza, vada a processo»

La vittima rimase schiacciata da un camion nell'area di carico e scarico del supermercato di via Washington. Ora la Procura chiede il rinvio a giudicio per il presidente Bernardo Caprotti

Quando Claudio Birini è morto schiacciato da un camion contro il muro nell'area di carico e scarico merci dell'Esselunga di via Washington, la società «non si era ancora dotata di alcun modello organizzativo e gestionale (...), né di tipo generale, né specificatamente orientato alla prevenzione del reato di omicidio colposo commesso con violazione delle norme sulla tutela della salute e della sicurezza sul lavoro», con un notevole «risparmio dei costi». È l'esito della consulenza tecnica disposta dalla procura sull'incidente avvenuto il 26 ottobre 2009, quando il 45enne, sceso dal camion per aprirne i portelloni, è rimasto schiacciato dal mezzo. E sulla base di queste conclusioni, ora il pubblico ministero Federica Celle ha chiesto il rinvio a giudizio per la stessa Esselunga nella persona del legale rappresentante Bernardo Caprotti. La spa è accusata di violazione del decreto legislativo 231 del 2001 in relazione al delitto di omicidio colposo aggravato dall'aver commesso il fatto con violazione della normativa in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro. Reato, quest'ultimo, contestato in cooperazione tra loro a sei dipendenti dell'epoca tra direttori e responsabili della società, nonché al legale rappresentante della società di trasporti per la quale lavorava la vittima. Secondo l'accusa, questa morte si sarebbe potuta evitare se la società avesse provveduto all'«eliminazione delle pendenze improprie del piazzale merci del supermercato» (venutesi a creare nel gennaio 2009 quando il piazzale carrabile è stato ridotto per far spazio a una nuova piattaforma sopraelevata di deposito merci), se avesse realizzato «uno spazio di rifiugio antischiacciamento» per gli autisti e se avesse organizzato «un sistema di sorveglianza continuativa dei conducenti al carico/scarico su piazzale da parte di personale debitamente addestrato». Invece, scrive l'ingegnere Davide Levo nella consulenza, la mancata adozione delle necessarie misure di sicurezza ha permesso a Esselunga di conseguire «un vantaggio per risparmio di costi di adeguamento antinfortunistico del supermercato, un vantaggio per preservazione dell'utile del supermercato, un vantaggio per preservazione della potenzialità di vendita del supermercato, un vantaggio per risparmio di tempi e risorse gestionali, un vantaggio per aumento dell'efficienza logistica del supermercato». Vantaggi quantificati da Levo in centinaia di migliaia di euro, a partire dai 101.308 per «l'eliminazione strutturale di qualsiasi piano inclinato pericoloso» e per la «realizzazione dello spazio di rifugio sopra discusso», coincidenti «con la spesa sostenuta tardivamente dalla società Esselunga spa nel corso del 2010 in reazione al decreto di sequestro preventivo» disposto dalla magistratura. Non solo, secondo il consulente, Esselunga ha «formalmente» adottato il «modello organizzativo e gestionale» previsto dalla 231 soltanto il 25 novembre 2010 (in concomitanza con il dissequestro del supermercato, rimasto chiuso per mesi tra le proteste dei clienti) «al termine di un iter di preparazione iniziato nel luglio 2009 e finalizzato dopo una settimana circa dalla notifica del corrispondente ordine di esibizione emesso dalla procura inquirente». Anche se, sottolinea, «l'effettivo completamento della predisposizione del modello, in realtà, è non anteriore al mese di gennaio dell'anno in corso (2011)». Claudio Birolini, la vittima, aveva una moglie e due figli che oggi hanno 21 e 24 anni. Assistiti dall'avvocato Michele Iudica intendono costituirsi parte civile all'udienza preliminare, così come il padre, rappresentato invece da Biagio Cartillone e Francesca Peri. «Esselunga contesta radicalmente i teoremi accusatori», afferma in una nota il gruppo della grande distribuzione. «Viene totalmente omesso un fatto fondamentale: l'autista poi deceduto è sceso dal camion senza aver inserito il freno a mano e lasciando il motore acceso.

Queste gravi manchevolezze sono state contestate dal Pubblico Ministero alla Capozi Autotrasporti, datore di lavoro dell'autista deceduto e responsabile inoltre di non aver fornito al medesimo adeguata formazione alla guida di mezzi pesanti». Esselunga «contesta infine le insinuazioni per le quali l'azienda avrebbe risparmiato sulla sicurezza», conclude il comunicato.

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