Il mostro spaziale torna e dà la caccia ai cuccioli sperduti della razza umana

Il nuovo capitolo della saga creata da Ridley Scott arriva al cinema

Il mostro spaziale torna e dà la caccia ai cuccioli sperduti della razza umana
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L'incontro fra le atmosfere claustrofobiche di Alien di Ridley Scott e le scene d'azione del sequel Aliens, di James Cameron. È quanto promettono i produttori fra loro c'è anche Ridley Scott - di Alien: Romulus, ultimo film della famosa saga sci-fi, dal 14 agosto in Italia.

Diretto da Fede Alvarez, anche temporalmente Romulus si colloca tra gli eventi dei primi due film, usciti nel 1979 e nell'86 ed entrambi interpretati da Sigourney Weaver.

La trama del nuovo film segue un gruppo di giovani colonizzatori spaziali che si ritrovano a fronteggiare la forma di vita più terrificante dell'universo mentre esplorano una stazione spaziale abbandonata. «Romulus, si capisce dal nome, ha a che fare con la fratellanza», ha spiegato, senza entrare nei dettagli, il regista al Comic-con di San Diego dove il film è stato presentato in anteprima. La protagonista è Cailee Spaeny, la cui carriera a Hollywood è stata lanciata lo scorso anno da Sofia Coppola che l'ha voluta protagonista di Priscilla. Gli altri giovani del cast sono Isabela Merced, David Jonsson, Archie Renaux, Spike Fern e Aileen Wu.

Non è stata una scelta al risparmio quella di ingaggiare un cast di semisconosciuti, spiega Fede Alvarez: «Gli adulti nello spazio sono stati raccontati molte volte ma per fare qualcosa di nuovo che voleva un angolazione differente. Così, anziché raccontare di professionisti adulti che si avventurano nello spazio raccontiamo di un gruppo di ragazzi cresciuti in una colonia spaziale. Giovani che laggiù non ci sono andati volontariamente, da pionieri». E poi è una regola dell'horror, prosegue il regista: «Gli attori di un film di paura devono essere giovani, perché più giovane è il protagonista più è difficile vederlo in pericolo, il pubblico è coinvolto in maniera maggiore. Un vecchio la sua vita l'ha fatta, veder morire un giovane è diverso. Quindi per il lavoro che deve fare un film horror, ovvero terrificarti, più giovane è il cast più efficace è il racconto».

La ventiseienne Cailee Spaeny poi ha solo quattro anni in meno di quanti ne aveva Sigourney Weaver quando, nel '79, interpretò il primo film. «La Weaver ha tracciato il sentiero - spiega la giovane attrice - e per lei deve essere stata una scelta coraggiosa quella di diventare protagonista di un film horror di fantascienza, genere in cui le donne allora erano relegate in ruoli di secondo piano. Lei, intenzionalmente, ha intrapreso una strada che ora io posso percorrere senza sentirne la pressione. Lei ha fatto il lavoro e io ho potuto semplicemente interpretare il mio personaggio e essere me stessa. Oddio, un po' di pressione la sento, a fare un ruolo così simile a quello di Sigourney nell'originale. È una bella responsabilità». L'attrice racconta un aneddoto del tempo delle riprese: «Il primo Alien era in sottofondo nel mio trailer ogni giorno. Speravo di assorbire qualcosa per osmosi. Alcune scene mi fanno paura ogni volta che lo guardo, dovesse essere la centesima volta, non sarò mai pronta ad alcune di quelle sequenze». E di simili, promette, ce ne saranno anche in questo film.

Il produttore esecutivo Ridley Scott, racconta il regista, ha dato il suo ok non appena il film è uscito dalla sala di montaggio: «La prima cosa che ho fatto, una volta editato, è stato mostrarlo a Ridley. Volevo vedere la sua reazione. Ero pronto a tutto perché lui non è tipo che te le manda a dire. Qualsiasi cosa pensi del tuo lavoro te lo dice in faccia, se fa schifo ti dice che fa schifo, e invece mi ha detto: Grande! È un film enorme e sentirlo dire da lui è stata un'emozione. Quando giri non ti rendi davvero conto della scala di quello che stai facendo. Non riesco a descrivere cosa ho provato nel sentire quei complimenti da parte di Ridley Scott».

Alvarez al Comic-con ha anche rivelato che per produrre il film, girato in Bulgaria, ha fatto ricorso a molti effetti artigianali e poco alla computer grafica.

«È una bella responsabilità quando decidi di fare un film che appartiene ad un franchise così iconico, ma di solito la pressione se ne va quando ti guardi intorno e ti rendi conto di dove ti trovi: su un set in cui ogni veicolo in movimento è reale, ogni oggetto è vero e lo puoi toccare, e ogni cosa intorno a te è credibile».

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