L'intero stato di San Paolo è a mollo. Sferzato da raffiche di vento che assomigliano a tornadi, riempito come una spugna da tonnellate d'acqua. La protezione civile è in stato di allerta massima e la somma dei dispersi continua a lievitare. Il cielo non promette nulla di buono nemmeno quel 24 marzo del 1991. La situazione è vagamente migliorata e il Gp di Formula Uno - a Interlagos - si corre lo stesso, perché gli interessi economici prevalgono e poi, chissà, potrebbe pure risollevare il morale a tutta questa gente afflitta. Anche nelle prove è stato un mezzo disastro. Come guidare immersi in una piscina.
L'infame fattore climatico non sembra tuttavia destare preoccupazione in Ayrton Senna. Un uomo in missione. Uno che qua, a casa sua, non ha mai vinto. E ora sente di dovercela fare, ad ogni costo. Una volontà viscerale, questa, che bene emerge anche dalla serie Netflix in onda in questi giorni e dedicata alla vita del campione. Dalle idee ai fatti. Nelle qualifiche la sua Mc Laren è la più veloce di tutte e si piazza in pole, davanti alla Ferrari di Jean Alesi. Dietro spuntano Berger e Mansell. E poi ci sono due mostri come Alain Prost e Nelson Piquet, più attardati, ma estremamente consci del loro potenziale.
Spinge subito Senna, conservando la pole faticosamente acquisita tra le pozzanghere ed il traffico di luci appannate di Interlagos. Alle sue spalle fremono Mansell, Patresi e Alesi, ma Ayrton doma i loro istinti incidendo subito un margine di tre secondi nei primi otto giri. Nel frattempo comincia a piovere abbondantemente. Quelli dietro si fanno sempre più vicini, ma poi Prost decide di fare un pit stop e Mansell fa lo stesso, con la differenza che il suo dura un'era geologica: quattordici secondi. Due piazzamenti svaniti. Espressioni colorite sotto la visiera.
Il pilota britannico è cacciato a sette secondi da Senna, ma rifiuta di deporre le armi. Riduce le distanze al punto di sembrare in grado di riprendere Ayrton, ma al cinquantesimo giro fora e deve fermarsi di nuovo. Nel frattempo iniziano i primi problemi per Senna. Anzi, i guai seri. Alla sessantesima tornata il cambio della sua McLaren inizia ad abbandonarlo. La quarta non entra più. Poi la terza, e la quinta. Mansell pure è alle prese con un problema al cambio, che lo costringe alla resa definitiva.
Senna ci va molto vicino. A quindici giri dal traguardo ha soltanto la sesta marcia e Patrese, dietro di lui, accorcia visibilmente. Chiunque isserebbe bandiera bianca a questo punto, ma non lui. Non Magic Senna. Vincere in Brasile è troppo importante. Non se ne andrà da qui senza il primo posto. Il che significa tenera la monoposto in pista compiendo sforzi disumani. La McLaren passa da 300 km/h ad essere quasi ferma in curva, considerato che la leva è bloccata sulla sesta. Il sacrificio fisico è immane, il talento spremuto pure.
Ayrton riesce eroicamente a tagliare il traguardo per primo, pur in condizioni surreali. Quando finalmente può fermarsi, caccia un grido lancinante. Non sente più le braccia e le gambe. Trafitto da dolori inenarrabili. Un'auto medica lo preleva e lo trascina verso il podio.
Gli consegnano il trofeo, ma lui quasi non riesce a sollevarlo. Per poco non gli cade dalle braccia. Poi finalmente lo alza e sorride. Arrivare allo stremo per vincere davanti alla sua gente. La più grande impresa di Senna.
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