Era il 22 novembre del 1994, Milano era molto diversa da quella di oggi, e Casa Bagatti Valsecchi, al civico 5 di via Gesù, per la prima volta apriva le sue porte al pubblico, diventando uno dei musei più sorprendenti in città. Da oggi e fino a domenica una serie di attività, tra cui visite guidate gratuite a ingresso ridotto, concerti (questa sera, con il piano e la voce di Giuseppe Anastasi) e conferenze (da non perdere sabato quella dedicata a Pier Fausto Bagatti Valsecchi) celebrano i trent'anni di vita del Bagatti Valsecchi (programma completo su museobagattivalsecchi.org). È doveroso allora riavvolgere il nastro di questa storia che comincia nei lontani anni Ottanta dell'Ottocento quando i due fratelli, i baroni Fausto e Giuseppe Bagatti Valsecchi, decisero di ristrutturare la dimora di famiglia nel cuore di quello che oggi è il quadrilatero della moda, collezionando al suo interno dipinti e manufatti del Rinascimento lombardo.
Antonio D'Amico, 45 anni, storico dell'arte di origine catanese, è l'attuale direttore del Museo Bagatti Valsecchi e ci aiuta a ricostruire le tappe di questa vicenda originale e affascinante.
Direttore, la nascita di Casa Bagatti Valsecchi ricorda quella di altre case-museo milanesi, come il Poldi Pezzoli?
«Sì, ma con una peculiarità»
Quale?
«Seguendo una visione europea, i fratelli Bagatti Valsecchi realizzano qualcosa di diverso dal classico collezionismo ottocentesco: ricreano nella loro dimora una sorta di Neo-Rinascimento lombardo, riportando nel presente l'antico valore dell'armonia delle arti. All'ingresso della casa pongono un motto che ancora accoglie i nostri visitatori: Amicis pateo aeternumque patebo, Sono aperta agli amici e sempre lo sarò'».
Che cosa avvenne poi?
«Come testimonia il nostro Libro degli Ospiti sono state oltre diecimila le persone, tra intellettuali, scrittori, aristocratici ma anche maestre con le loro scolaresche ad aver visitato tra fine Ottocento e gli anni Settanta del Novecento quella che era a tutti gli effetti una casa privata».
Alla morte di Fausto e Giuseppe che cosa è successo?
«La Casa continuò ad essere abitata fino a metà degli anni Settanta: Pasino, figlio di Giuseppe, in accordo con gli eredi, compì un atto straordinario: donò le collezioni d'arte rinascimentale e i manufatti raccolti dal padre e dallo zio a una Fondazione appositamente costituita. Palazzo Bagatti Valsecchi fu poi alienato alla Regione Lombardia, per ospitare in comodato perpetuo e gratuito tutte le raccolte d'arte».
Che cosa fece la famiglia, a quel punto?
«Pier Fausto Bagatti Valsecchi, il nipote di Giuseppe recentemente scomparso, visse nella casa a lungo e si adoperò per la nascita, nel 1994, del museo di cui è stato presidente per 26 anni. Ora la figlia Camilla, attuale presidente della Fondazione, continua la sua opera».
Lei avverte la responsabilità del ruolo che ricopre?
«Appena arrivato mi dicevo: Che bello essere in questa bolla. Ho capito presto che il Bagatti Valsecchi non è affatto una bolla, ma un'opera d'arte totale che coinvolge chiunque entri. Siamo un museo sempre più aperto alla città. Questa sera (ieri per chi legge, ndr) sono nella biblioteca di Baggio a raccontare la storia del nostro museo: andremo poi nella biblioteca di Calvairate e di Affori. Se anche una sola persona del pubblico ne sarà incuriosita per me sarebbe un successo. Coltivo un sogno...»
Quale?
«Che i musei riprendano contatto con la società e non abdichino al loro compito di formare le menti».
Non lo fanno già?
«Spesso si riducono ad essere dei meri contenitori, privi di uno sguardo sul mondo. C'è stato anche chi, per le mie iniziative, mi ha dato dell'eretico».
E perché?
«Per aver organizzato nel museo serate in musica, spettacoli e un cartellone culturale come Stasera al Museo. Vivere nel tempo che ha presentato dallo scorso marzo 14 appuntamenti con ospiti eccezione quali Paola Turci e Giovanni Caccamo.
Come recita il titolo del progetto che abbiamo creato per il trentennale, credo fortemente nel Museo oltre i confini per coinvolgere un pubblico nuovo e sempre più ampio. La creatività non serve, come qualcuno ha detto, solo a far divertire: deve far riflettere».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.